Anfibi urbani. L’ululone dal ventre giallo di Trieste

Le popolazioni di ululone dal ventre giallo del carso triestino si sono adattate bene alla presenza dell’essere umano, trovando un rifugio sicuro in pozze artificiali e abbeveratoi. Questi habitat però, oggi rischiano di scomparire.

6 minuti | 16 Marzo 2022

Sono giorni che piove. D’altronde, è primavera ed è così che ci si aspetta che vada. Questo pomeriggio, però, finalmente è uscito il sole. Io e Nicola Bressi, conservatore al Museo di Storia Naturale di Trieste ci stiamo dirigendo nella frazione di Santa Croce. Siamo sul carso triestino, alla ricerca di alcune vecchie pozze costruite per la raccolta dell’acqua. 

Non esistono corsi d’acqua superficiali sul Carso. Per secoli, ogni triestino disponeva di meno di 10 litri d’acqua al giorno. Così, a partire dal Medioevo e fino alla costruzione dell’acquedotto negli anni ’30, per conservare e trattenere acqua, furono costruite una serie di pozze, vasche, piccoli stagni e cisterne, che rifornivano diverse attività umane. «Non siamo gli unici ad aver bisogno di acqua. Le piccole costruzioni per la raccolta vengono sfruttate da molte specie. Crostacei, gasteropodi, coleotteri, libellule, tritoni, rane, e rospi si sono adattati e hanno prosperato grazie a questi ambienti artificiali», racconta Nicola mentre parcheggia il fuoristrada all’ingresso del piccolo agglomerato di case a pochi chilometri da Trieste. Siamo interessati a una specie in particolare. In queste pozze, infatti, vive un anfibio dal nome singolare: l’ululone dal ventre giallo.

ULULONE DI CITTÀ

Camminando, Nicola spiega che, storicamente, gli ululoni erano tra gli anfibi più abbondanti a Trieste. Nel contesto urbano hanno trovato un ambiente favorevole. La sopravvivenza e lo sviluppo dei girini sono strettamente legati all’esposizione ai predatori e alla durata dello stadio larvale. La strategia riproduttiva di questa specie è infatti un delicato compromesso tra riduzione del rischio di predazione e possibilità di disseccamento della pozza. Le vasche e le pozze costruite in città costituiscono un habitat ideale per l’ululone: pochi predatori riescono a sfruttare queste piccole raccolte d’acqua spesso temporanee, mentre il basso livello dell’acqua e la scarsità di vegetazione fanno sì che l’acqua si scaldi velocemente. Temperature dell’acqua relativamente alte (l’ideale è intorno ai 25°C) accelerano il metabolismo dei girini, che in questo modo raggiungono più velocemente la metamorfosi.

Oggi potrebbe essere un ottimo momento per vedere questi animali. «Anche loro aspettano che la pioggia riempia le piccole raccolte d’acqua, così le uova deposte avranno il tempo di schiudersi e i girini di crescere senza andare incontro al disseccamento», prosegue Nicola.

Bombina variegata (ventre), Zoncolan (UD), luglio 2021. Foto di Tommaso De Lorenzi.

PERDITA DI HABITAT

Mi racconta anche che nella zona di Trieste l’ululone dal ventre giallo risulta essere uno degli anfibi più colpiti dalla perdita di habitat riproduttivi. Senza manutenzione, gli ambienti artificiali tendono a riempirsi di foglie e detriti e diventano inutilizzabili dagli ululoni. Inoltre, in alcune delle vasche che ancora resistono, non è raro che, anche se in buona fede, vengano introdotti dei pesci. Il che rende impossibile la riproduzione degli ululoni e della maggior parte delle altre specie di anfibi. Inoltre, il tessuto urbano limita la dispersione degli individui, rendendo le popolazioni isolate tra loro . A Trieste gli ululoni tendono a preferire un tipo di ambiente rappresentato da vasche in orti e giardini privati, strutture di dimensioni molto ridotte che non vengono quasi mai segnalate perché considerate di poco valore. Dunque, è piuttosto difficile venire a conoscenza di questi habitat riproduttivi, censirli e preservarli. 

Alle nostre spalle la Vedetta Slataper di Santa Croce ci concede un’ultima vista sul mare. Entriamo nel bosco di San Primo. Dopo una scoscesa pietraia carsica, arriviamo nel punto dove, stando alle informazioni di Nicola, dovrebbe trovarsi un bacino per l’abbeverata degli animali. Lo troviamo, in effetti, a pochi metri da noi. Avvicinandoci scorgiamo l’acqua dai riflessi dorati.

Vasca di dissoluzione tipica della zona del Carso, Monrupino (TS), settembre, 2021. Foto di Novella Gianfranceschi.

Arrivati sul bordo ci abbassiamo per riuscire a vedere meglio, ed eccoli lì: cinque maschi galleggiano appena sotto al pelo dell’acqua, le zampe posteriori stese, solo gli occhi e le narici in emersione. Hanno l’aspetto di piccoli rospi, non superano i cinque centimetri di lunghezza e hanno il dorso piuttosto verrucoso, dal colore bruno-olivaceo. Tiro fuori dallo zaino la macchina fotografica. Grazie alla lente macro riesco a osservare distintamente la pupilla, piccola e cuoriforme. «La pupilla – mi spiega Nicola – è uno dei tratti caratteristici, insieme al ventre a macchie gialle e al canto che i maschi fanno durante il periodo riproduttivo».

L’ululone, una specie fragile

L’ululone dal ventre giallo è una delle specie per le quali l’Unione Europea ritiene necessario adottare misure di rigorosa tutela, inserita nell’allegato IV della “Direttiva Habitat” 92/43/CEE. Nonostante ciò, nella zona di Trieste sono numerosi i luoghi dove gli ululoni non si trovano più. «Purtroppo vasche, pozze e abbeveratoi vengono abbandonati o distrutti. Prima dello sviluppo agricolo ed urbano, il territorio ospitava molti più siti naturali idonei alla loro riproduzione», ricorda Nicola. «A seguito delle modificazioni antropiche, però, gli ululoni si sono adattati a sfruttare le strutture artificiali, che hanno permesso loro di persistere nel contesto urbano di Trieste. Ora, con l’abbandono di molte delle attività tradizionali che comportavano l’utilizzo e il mantenimento di pozze e vasche, gli habitat artificiali stanno scomparendo e, insieme a essi, gli ululoni». 

Fortunatamente, nell’abbeveratoio di Santa Croce gli ululoni ci sono ancora. Non vogliamo disturbarli troppo, ma prima di allontanarci ci soffermiamo ancora un attimo ad ascoltare: uuh… uuh… uuh… uuh… – il canto degli ululoni è inconfondibile, ricorda un flebile e intermittente ululato.

Bombina variegata (dorso), Zoncolan (UD), luglio 2021. Foto di Tommaso De Lorenzi.

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  • Novella Gianfranceschi

    Novella Gianfranceschi è biologa evoluzionista e comunicatrice della scienza. Scrive reportage giornalistici sulle tracce della biodiversità.

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