Solarpunk, la fantascienza che affronta la crisi climatica

Rifiutare la catastrofe e immaginare un futuro ideale, in cui l'umanità vive in piena armonia con sé stessa e con la natura. Nato come genere letterario, oggi il solarpunk ispira una nuova forma di attivismo.

13 minuti | 25 Marzo 2022

L’acqua nei canali tra i sestieri di Venezia è trasparente. O almeno quanto basta per intravedere i tunnel sotterranei in cui sfrecciano le biciclette: alla profondità delle fondamenta degli antichi palazzi dell’epoca della Serenissima, una spessa lastra di vetro fa da copertura ai tunnel ciclabili. Da sotto, si intravedono le facciate, i campanili, i banchi di piccoli pesci. Sulle nuove piste sotterranee passano ragazzine che vanno a scuola, anziani a zonzo, ma anche chi deve andare fuori città per lavoro con efficienti bici elettriche: con poche ore di viaggio si arriva fino a Milano. È una mattina d’autunno ma ci sono già 25 °C: un effetto del cambiamento climatico, con cui i veneziani hanno imparato a convivere.

È una Venezia assolata in un futuro non troppo lontano quella che immagina lo scrittore Franco Ricciardiello in Solstizio, il racconto che apre Assalto al Sole, “la prima antologia solarpunk di autori italiani”. Il solarpunk è un genere ancora di nicchia, ma che negli ultimi due anni ha iniziato a farsi conoscere, soprattutto online. 

È la faccia ottimista della fantascienza, il gemello buono del cyberpunk. In un mondo dal futuro incerto, su cui grava la spada di Damocle del cambiamento climatico, la fantascienza solarpunk sceglie di immaginare lo scenario migliore, un futuro in cui gli esseri umani hanno superato la dipendenza dai combustibili fossili e fatto dell’energia solare il loro principio economico e creativo. 

Futuri in cui c’è il sole

Per chi è abituato a mondi distopici in cui piove sempre, onnipresenti da decenni nei film, nelle serie e nei romanzi di fantascienza, leggere un racconto solarpunk è una strana esperienza: ci si aspetta sempre di arrivare a quella svolta nella storia in cui arriva la catastrofe che rovina tutto. Una bomba ad antimateria, un virus mutato, una rivoluzione di macchine autocoscienti – un qualsiasi evento drammatico che mostri come il mondo immaginario a cui ci siamo appena affezionati, vibrante di terrazzi verdi e di soluzioni ingegnose, non è raggiungibile neanche dagli abitanti di un pianeta fittizio.

È la faccia ottimista della fantascienza, il gemello buono del cyberpunk. In un mondo dal futuro incerto, la fantascienza solarpunk sceglie di immaginare lo scenario migliore.

Ma la catastrofe non arriva. La trama si snoda, i protagonisti inciampano in problemi, conflitti, traumi, scoperte, successi, ma il panorama che si staglia dietro di loro continua a rappresentare un mondo in cui gli esseri umani hanno capito come vivere in modo sostenibile, tendenzialmente più equo, in stretto rapporto con la natura.

Solarpunk, più di un genere letterario

«Il solarpunk riconosce che la fantascienza non è solo letteratura di intrattenimento, ma anche una forma di attivismo». Punto 13 del Manifesto Solarpunk, 2019

Il termine solarpunk ha cominciato a diffondersi nei primi anni Duemila. Le fonti riconducono la nascita del termine a un post pubblicato sul blog Republic of the Bees nel 2008. Tuttavia, come spesso accade ai movimenti in divenire, è difficile individuare il “punto zero” del solarpunk.

Le sue radici sono profonde e vengono ricondotte «agli anni ‘70 del Ventesimo secolo, con la nascita del movimento ambientalista», racconta Sarena Ulibarri, autrice solarpunk di Albuquerque, New Mexico, e uno dei nomi di riferimento del genere. «Ci sono due libri che possono costituire le basi di ispirazione per la visione solarpunk. Il primo è Primavera Silenziosa di Rachel Carson, che trattava come mai prima il problema ambientale nel suo complesso. Il secondo è I reietti dell’altro pianeta, di Ursula Kroeber Le Guin, una profonda riflessione sui sistemi sociali e su quella che è stata definita una “utopia ambigua”». 

L’arrivo delle prime produzioni letterarie

Tuttavia, le prime produzioni letterarie che si possono considerare solarpunk a tutti gli effetti sono comparse più tardi. «Nel 1989 Kim Stanley Robinson pubblicò Pacific Edge, parte della “Trilogia delle tre californie”. Si tratta di tre libri che narrano una particolare versione futura della California. In Pacific Edge [mai tradotto in italiano, nda] l’autore dipingeva un quadro utopico della California, includendo elementi tipicamente solarpunk. 

Pochi anni più tardi, nel 1993, fu la volta de La quinta cosa sacra, un racconto post apocalittico di Miriam Simos, nota con lo pseudonimo Starhawk. Il libro è ambientato in una San Francisco utopica, una piccola bolla circondata da un mondo distopico: la città è rimasta l’ultimo avamposto contro le barbarie di un futuro terribile».

«Nessuno sa davvero come si siano formati questi doppi crateri. Queste strutture hanno stupito i geologi della squadra quando sono arrivati ​​qui. La teoria prevalente è che i crateri esterni si siano formati dopo l’impatto di meteore, che hanno causato l’eruzione di lava dalla crosta, la quale ha formato i crateri interni. L’erosione del vento e delle maree nel corso di migliaia di anni hanno fatto il resto. In ogni caso, queste formazioni forniscono una buona protezione contro le maree, motivo per cui i coloni provenienti dalla Terra scelsero questo punto esatto per stabilire la loro prima (e, finora, unica) colonia su questo pianeta». I crateri di Lyra 9. Illustrazione di Artur Rosa.

Cogliere lo spirito del tempo

Gli anni sono passati, il desiderio di un futuro sostenibile è cresciuto, e anche il pensiero solarpunk ha cominciato a diffondersi. È come se il solarpunk avesse dato il nome che mancava a una visione unitaria – ma al contempo molto complessa – di cosa il futuro possa essere. Questa visione non ha, per il momento, un fulcro geografico, ma sta germinando in diverse regioni del mondo.

Una delle prime antologie del genere è Solarpunk. Histórias ecológicas e fantásticas em um mundo sustentável, pubblicata in Brasile nel 2013. L’antologia di narrativa speculativa Multispecies Cities, invece, include autori e autrici provenienti da molti luoghi diversi ed è parte di un progetto di ricerca coordinato dall’Università di Kyoto.
I racconti cercano di ridefinire il concetto di sostenibilità in chiave solarpunk, basandosi sull’idea di multispecismo. Il fine è quello di ridisegnare i paesaggi urbani e raggiungere il tanto agognato equilibrio tra Natura, Tecnologia e Umanità. La visione solarpunk si ritrova anche nei progetti del ricercatore e geografo tedesco
Christoph Rupprecht.

Nel 2021 è uscito Noor, romanzo dell’autrice nigeriana Nnedi Okorafor. Il libro ripercorre le vicende di una giovane donna disabile di etnia Igbo di nome Anwuli Okwudili (nome in codice “AO”, Organismo Artificiale). La protagonista vive in una Nigeria futuristica, dove la tecnologia avanzata le ha permesso di aggiornare parti del corpo non formate o indebolite.

Solarpunk in Italia

In Italia, tra i primi a raccogliere espressamente l’ispirazione della fantascienza solare c’è Francesco Verso con il romanzo I camminatori (Future Fiction, 2018-2019). Nel 2020 è nato il collettivo Solarpunk Italia, di cui fanno parte quattro scrittori e scrittrici di fantascienza: Giulia Abbate, Romina Braggion, Franco Ricciardiello e Silvia Treves.
Ricciardiello, che scrive fantascienza dagli anni ‘80 e ha curato anche le antologie solarpunk italiane, racconta: «Ho scoperto il solarpunk mentre facevo ricerche per il Manuale di Scrittura di Fantascienza che ho scritto insieme a Giulia Abbate.
Quando poi mi è venuta l’idea di formare un collettivo, d’accordo con Giulia abbiamo deciso di coinvolgere Romina Braggion, che avevo conosciuto al festival Stranimondi nel 2019, e poi Silvia Treves». 

«All’inizio ero dubbiosa davanti ai concetti alla base del solarpunk, a termini come ottimismo e utopia», racconta Treves, autrice e curatrice, con una vita precedente da insegnante di matematica e scienze. «Ciò che mi ha convinta è che l’ho trovato un modo per esprimere la mia preoccupazione per la crisi climatica, un modo che fosse qualcosa in più di andare a un corteo».

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Il punk nel solarpunk

Caratteristica fondante del solarpunk, infatti, è il suo strabordare dai limiti del solo genere letterario (o dell’estetica ad esso abbinata). Il solarpunk «immagina un futuro migliore – coltiva la speranza – pratica la rivolta – rigetta il capitalismo – include umani e non umani», come si legge nel manifesto dei solarpunk italiani. Questa netta presa di posizione anticapitalista si trova anche nei manifesti di altri movimenti internazionali, in cui si mescolano la teoria letteraria e la definizione di una prassi, di un modello di vita “post-scarsità, post-gerarchico, post-capitalistico”. 

Alla base di questo rifiuto c’è la visione del capitalismo come un sistema produttivo intrinsecamente basato sullo sfruttamento, che concepisce il mondo intero in termini di risorse, che siano umane o naturali, ma ugualmente monetizzabili.
E la mentalità capitalista si porta dietro, come gli anelli di una catena, altre culture predatorie da rigettare: il colonialismo, la competizione, il patriarcato. «Questa lotta è la parte
punk del solarpunk», spiega Braggion, autrice da poco, che ha avviato un progetto per raccogliere le opere delle scrittrici italiane di fantascienza, spesso ignorate. «La cultura di predazione del più debole, che si esprime nel colonialismo, nel capitalismo, nel patriarcato, nuoce gravemente all’intera biosfera».

Quello che sembra muovere gli scrittori solarpunk è la volontà di immaginare soluzioni per far rinascere il mondo dopo una catastrofe – non un generico cataclisma, ma la crisi climatica in cui ci troviamo oggi.

 

Utopia e distopia

È da questa visione politica che deriva anche il rifiuto di una fantascienza quasi esclusivamente distopica. Lo esprime Ricciardiello con un fastidio quasi fisico: «Ho raggiunto la nausea da distopia. Oggi è una categoria che nella fantascienza fa da padrona. Quello di cui molti non si rendono conto, però, è che la distopia è un genere conservatore, perché dice accontentatevi di quello che abbiamo, perché potrebbe andare peggio». 

Ma ciò non significa che l’alternativa sia fantasticare di mondi del tutto utopici. Piuttosto, quello che sembra muovere gli scrittori che si riconoscono in questo genere è la volontà di immaginare soluzioni per far rinascere il mondo dopo una catastrofe – non un generico cataclisma, ma la fin troppo concreta crisi climatica in cui ci troviamo oggi. 

I semi di queste soluzioni vanno cercati e riconosciuti nella realtà di oggi: la mobilità dolce e sostenibile delle biciclette, i sistemi economici decentralizzati delle cooperative e dell’autoproduzione, il verde urbano per combattere le ondate di calore, Internet per la condivisione democratica della conoscenza, l’automazione per liberare dal lavoro pesante e alienante. E in tutto, la necessità di azione collettiva, lontana dall’idea che il solo impegno individuale basti a risolvere problemi globali.

«Solarpunk Garden è una proposta di conversione solarpunk di un angolo abbandonato di Barcellona», spiega il collettivo di illustratori solarpunk Commando Jugendstil. «Potrebbe diventare un orto urbano, il cui sistema di irrigazione, basato sulla sinia andalusa, è alimentato dall’elettricità prodotta dai concentratori solari installati sulla parete di fondo. A decorare questa parete spoglia sorge un grande murale, a celebrazione della cultura locale: una dama iberica che dona acqua dalla sua anfora senza fondo, in un dialogo tra antico e moderno che funge da fondamenta per la comunità». Illustrazione di Commando Jugendstil.

«Prendendo ispirazione dalla celebre opera di Raffaello Sanzio e unendola a elementi de Il Quarto Stato di Giuseppe Pellizza Da Volpedo, La scuola di Atene 2050 raffigura uno spazio-rifugio solarpunk in cui chiunque sia coinvolto nel discorso attorno alla Giusta Transizione può riunirsi. La struttura che avvolge lo spazio ospita una serie di concentratori solari colorati. Sotto questa copertura: attivisti e artisti che provengono da diversi angoli del mondo, del presente o del passato, accomunati dalle stesse rivendicazioni, come William Morris, Lucio Sergio Catilina, Greta Thunberg, un membro della tribù Sioux Standing Rock, una rappresentante della Waorani Resistance in Ecuador, Extinction Rebellion e la barca rosa ispirata a Berta Cáceres. Poi gruppi di persone che lavorano alla seta di arance o al recupero di rifiuti e al loro riutilizzo per la stampa 3D. Al di fuori: una città costruita ispirandosi alle forme naturali e una turbina eolica galleggiante». Illustrazione di Commando Jugendstil.

Attivisti solari

«Il solarpunk come genere richiede di porre l’attenzione sul percorso che ci porta al futuro», spiega Silvia Treves. L’ambientazione, il futuro immaginato, non può quindi venire data per scontata o posta ai lettori come semplice punto di partenza. «Dobbiamo chiederci: come si arriva a quel futuro? Qual è la strada che dovremmo percorrere? Per questo inevitabilmente il solarpunk contiene anche la dimensione dell’attivismo: richiede di trovare i semi di utopia nella realtà di oggi e di valorizzarli». 

Il solarpunk è un genere con un’agenda. «Se tutto rimanesse confinato esclusivamente nell’ambito del “fantastico”, avremmo fallito. Il fine è quello di indirizzare l’attenzione sui problemi e ispirare le persone a perseguire il cambiamento nel concreto. In molti lo stanno già facendo, e applicano la visione solarpunk nel mondo reale», puntualizza Sarena Ulibarri, che ricorda anche come «la gran parte della gente che è partecipa ai vari gruppi solarpunk sui social network non ha nulla a che fare con la scrittura o con l’arte. Si tratta invece di gente interessata ad attuare un cambiamento nell’approccio di vita e far sì che i futuri sostenibili diventino realtà. Molti di loro non hanno mai letto un racconto solarpunk. Semplicemente, si sono sentiti ispirati dall’idea in sé».

«Se tutto rimanesse confinato esclusivamente nell’ambito del “fantastico”, avremmo fallito».

«Nell’ultimo anno e mezzo, la comunità del solarpunk è cambiata», spiega Giulia Abbate, che oltre a occuparsi di fantascienza gestisce uno studio di servizi letterari. «Fino al 2020 era un concetto poco conosciuto, non se ne sentiva parlare granché. Ora invece la comunità sta crescendo, con tante anime diverse: nelle discussioni online l’estetica di riferimento va dalle capanne native ai palazzoni in stile Bosco Verticale – un esempio criticabile, visto che è un edificio accessibile solo agli ultraricchi».

Raccontare l’adattamento

In Nero Assoluto, il suo racconto che appare nell’antologia Assalto al Sole, Romina Braggion racconta della vita in una città che si sta adattando ai postumi di una catastrofe. Una comunità davanti a un lago, in cui tempeste e venti fortissimi dominano i pensieri e determinano le abitudini degli abitanti: la vita ci si deve, in un modo o nell’altro, adattare. 

Braggion, che vive sul Lago Maggiore, spiega che l’idea è nata dopo l’esperienza del tornado di grado F1 che si è abbattuto sulla zona nel 2012.
Un evento del tutto inconsueto per l’area geografica. In futuro, a causa del cambiamento climatico molte zone d’Italia dovranno fare i conti con eventi estremi più forti e più frequenti, tra cui piogge torrenziali e siccità. «L’adattamento al cambiamento climatico dovrà essere parte del nostro stile di vita futuro, ma deve essere parte anche oggi della nostra narrazione del futuro», spiega Braggion. «Il solarpunk fa sì vedere un mondo che ha le radici in una catastrofe, ma soprattutto i modi in cui si potrebbe costruire un mondo nuovo».

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    Commando Jugendstil è un collettivo di creativi solarpunk che usano arte, narrazione e pratiche di design speculativo per aiutare le comunità a raggiungere coesione sociale e sostenibilità ambientale attraverso la riappropriazione di non-luoghi e la creazione di valore sociale e culturale, trasformando la città in un organismo sostenibile. Si ispira alle tattiche di guerrilla gardening e communication, e alla filosofia del movimento artistico Art Nouveau (il cui nome tedesco è Jugendstil): natura e approccio artigiano contro cementificazione ed industrializzazione di massa. Ha realizzato progetti per immaginare città sostenibili (“Milano, Cartoline da un Futuro Possibile”, in Italia; “The Town That Could Be” a Reading, UK), murali, racconti e illustrazioni.

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    Gianluca Liva è storico e giornalista scientifico. Si occupa di attualità, ambiente e storia della scienza.
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