La questione non è essere favorevoli o contrari all’energia nucleare: mentre sull’opportunità di costruire nuovi reattori per la generazione di elettricità si può discutere, un deposito nazionale di rifiuti radioattivi è senza dubbio necessario. Anche in Italia. Sia perché ce lo chiede una direttiva europea (2011/70/EURATOM), sia perché i rifiuti nucleari ci sono e vanno gestiti nel modo migliore: sono quelli risalenti al periodo in cui le centrali nucleari italiane erano in attività, ma anche quelli dovuti alle attività mediche e industriali.
Questo significa che ancora oggi l’Italia produce in continuazione nuove scorie nucleari, così come pure i Paesi che non hanno mai avuto centrali nucleari, come l’Australia o la Norvegia.
I vari tipi di scorie nucleari
I rifiuti radioattivi (o scorie) vengono suddivisi di solito in quattro categorie, in base alla loro radioattività. I rifiuti a bassissima attività sono materiali la cui radioattività è al di sotto della soglia pericolosa per la salute. Comprendono principalmente materiali usati non durante l’attività degli impianti nucleari ma solo nelle operazioni di ristrutturazione e smantellamento.
I rifiuti a bassa attività comprendono invece materiali (strumenti tecnici, filtri, stracci, tute, eccetera) caratterizzati da radioattività a dosi basse, provenienti sia dalle centrali nucleari sia dalle attività industriali e di medicina nucleare. Costituiscono circa il 90% del volume totale delle scorie nucleari ma contengono solo l’1% della radioattività, che decade a livelli trascurabili entro 300 anni.
I rifiuti a media attività includono rivestimenti metallici, sostanze chimiche fangose e altri materiali contaminati dal contatto con i reattori. Costituiscono il 7% del volume totale dei rifiuti radioattivi e contengono il 4% della radioattività.
Infine, ci sono i rifiuti ad alta attività come il combustibile esausto e i sottoprodotti delle attività di riprocessamento. Essi costituiscono meno del 3% del totale delle scorie nucleari ma contengono il 95% della radioattività, che impiega fino a decine di migliaia di anni per tornare a livelli innocui: sono perciò di gran lunga i più difficili da gestire.
Rendering elaborato dal Deposito Nazionale Italiano: la copertura multistrato del Deposito Nazionale.
Mappa elaborata dal Deposito Nazionale Italiano: da dove provengono i rifiuti radioattivi.
Il deposito nazionale italiano
Attualmente in Italia tutte le scorie nucleari sono conservate in depositi temporanei nei siti nucleari esistenti. Sono soluzioni provvisorie, che non garantiscono l’affidabilità necessaria nel lungo periodo. Il deposito nazionale sarà progettato per custodire sui tempi lunghi e nella massima sicurezza i rifiuti a bassa e bassissima attività, mentre è previsto che ospiterà i rifiuti a media e alta attività solo in attesa di trovare una soluzione definitiva (probabilmente a livello internazionale).
Il 5 gennaio 2021 è stata pubblicata la carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (CNAPI) a ospitare il deposito (e l’annesso parco tecnologico), stilata in base a parametri come le caratteristiche idrogeologiche, la sismicità, il vulcanesimo, l’altitudine, la pendenza del terreno, la distanza dalle coste e dai centri abitati. Fra le aree selezionate, entro la fine del 2023 dovrà essere individuato il sito prescelto.
Ma l’Italia è in vistoso ritardo. In molti Paesi industrializzati (compresi quasi tutti quelli europei) sono già in funzione depositi per i rifiuti a bassa attività – paragonabili dunque al progetto italiano – e in alcuni casi anche per quelli a media attività: sono tutti dotati di barriere artificiali multiple e ridondanti in modo da garantire la massima sicurezza. Uno dei criteri più usati per classificare i vari modelli è la profondità.
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Depositi in superficie
Il deposito nazionale italiano sarà costruito in superficie: è la soluzione che permette la più ampia possibilità di scelta di siti idonei, ed è anche la più semplice da realizzare dal punto di vista logistico. Due esempi di depositi in superficie sono quelli costruiti in Francia e Spagna, inaugurati rispettivamente nel 1992 e nel 1993.
Il sito dell’Aube (nel nord della Francia) è stato selezionato nel 1985 in seguito a un’indagine di due anni sulle caratteristiche geochimiche e idrogeologiche della zona: la presenza di uno strato di sabbia convoglia tutte le precipitazioni verso un corso d’acqua che scorre a valle dell’impianto, mentre una formazione di argilla costituisce un’ulteriore barriera – che si somma a quelle artificiali – al rilascio della radioattività nell’ambiente. La posizione all’interno dell’area vinicola della Champagne non ha compromesso né la vocazione agricola né quella turistica della regione.
La costruzione del deposito di El Cabril (in Andalusia) si è ispirata per gli aspetti tecnici e ingegneristici a quello dell’Aube: la presenza di un progetto già avviato in Francia ha permesso di ridurre i tempi. I criteri che hanno portato alla scelta della località però sono diversi: l’impianto sorge sul sito di un’ex-miniera di uranio, in un’area caratterizzata da un clima secco e da una bassa densità di popolazione. Anche in questo caso la vicinanza a un’oasi naturalistica non ha avuto conseguenze sui flussi di visitatori.
Depositi poco profondi
In altri Paesi i depositi di scorie nucleari sono costruiti sotto terra ma a poca profondità. Vengono perciò a volte accomunati a quelli di superficie nella categoria near-surface, ma richiedono un’analisi più approfondita delle caratteristiche geologiche del sito.
Un esempio tipico è l’impianto di Drigg (nel nord-ovest dell’Inghilterra), tra i primi al mondo essendo stato inaugurato nel 1959. Costruito sul sito di un’ex fabbrica di tritolo, è situato a una profondità compresa fra 5 e 8 metri. La geologia del terreno è idonea, con strati di sabbia, argilla e ghiaia e, più in profondità, di arenaria, mentre per quanto riguarda la protezione artificiale nel 1988 è stata realizzata una volta in cemento più sicura rispetto alla costruzione originaria.
Un altro importante deposito a poca profondità (fra 15 e 20 metri) è quello giapponese di Rokkasho, entrato in attività nel 1992 nell’estremo nord dell’isola di Honshu, la principale del Paese. L’impianto, situato in un terreno caratterizzato da rocce di arenaria e tufo, è incastonato in uno strato impermeabile composto di sabbia e bentonite (un minerale argilloso) e ricoperto da uno strato di suolo a sua volta impermeabile.
Mappa elaborata dal Deposito Nazionale Italiano: i depositi di rifiuti radioattivi in Europa.
Depositi profondi
I depositi profondi sono quelli costruiti a diverse decine di metri di profondità. Il lato positivo di questa soluzione è una sicurezza ancora maggiore sul lunghissimo periodo (vantaggiosa soprattutto per i rifiuti a media attività, con una radioattività di lunga durata), ma la progettazione ingegneristica è più complicata, così come è più difficile trovare siti che soddisfano tutte le caratteristiche necessarie.
Il primo deposito al mondo di questo tipo è stato quello di Forsmark, in Svezia, inaugurato nel 1988. È un impianto sottomarino: si trova al di sotto del fondale nel Baltico ed è sovrastato da circa 50-60 metri di basamento cristallino e da 6 metri di acqua. La località è stata scelta anche per la vicinanza alla centrale nucleare di cui deve ospitare i rifiuti: riducendo i trasporti diminuiscono anche i costi e le precauzioni necessarie.
È simile per profondità ma diverso per collocazione il deposito finlandese situato sull’isola (o meglio, sotto l’isola) di Olkiluoto, lungo la costa occidentale del Paese: attivo dal 1992, è situato a una profondità compresa fra 60 e 100 metri in una zona di gneiss micaceo e tonalite. Come in Svezia, anche in questo caso il deposito è stato costruito vicino a una centrale nucleare, e per lo stesso motivo un secondo deposito finlandese è stato costruito fra il 1993 e il 1998 poco lontano dall’altra centrale del Paese, quella di Loviisa, a una profondità di 120 metri.
Impianto Isola di Olkiluoto, Finlandia. Fonte: TVO.
Rendering elaborato dal Deposito Nazionale Italiano: la terza barriera del Deposito Nazionale, la cella.
Depositi geologici
I depositi geologici sono quelli situati a centinaia di metri di profondità, e sono gli unici adatti a ospitare anche i rifiuti ad alta attività. Ma possono essere soluzioni ottime anche per i rifiuti a bassa e media attività: vicino alla centrale nucleare di Bruce, sul versante canadese del lago Huron, è in fase di sviluppo un deposito di questo tipo a circa 680 metri al di sotto della superficie. In questo caso la scelta deriva anche da condizioni geologiche estremamente favorevoli (rocce sedimentarie), che costituiscono un’ulteriore barriera di sicurezza.
Un solo deposito geologico al mondo è già in funzione: quello statunitense di Carlsbad (nel deserto del New Mexico), a oltre 600 metri di profondità in una formazione salina. Il deposito accoglie rifiuti anche ad alta attività, ma provenienti dalle sole attività militari e non da quelle civili.
In diversi altri Paesi sono in costruzione o in progettazione diversi depositi geologici per i rifiuti ad alta attività, fra cui uno sempre a Olkiluoto. L’impianto, battezzato Onkalo (grotta), è stato anche oggetto nel 2010 del documentario Into Eternity, incentrato su una questione non tecnica ma comunque interessante: come far sapere all’umanità futura che in quel luogo è meglio non entrare.
Scorie nucleari internazionali
Altri Paesi ancora (fra cui anche gli Stati Uniti) sono al lavoro per identificare siti dotati di tutte le caratteristiche necessarie a ospitare un deposito per i rifiuti ad alta attività derivanti dagli impianti nucleari a scopo pacifico.
Anche se in diversi casi sono state le stesse località ad avanzare la propria candidatura, i requisiti molto stringenti suggeriscono la possibilità che i futuri depositi possano essere almeno in alcuni casi internazionali: riceveranno i rifiuti provenienti da diversi Paesi, tanto più che il volume dei rifiuti ad alta attività è molto ridotto. E probabilmente aderirà a uno di questi progetti anche l’Italia, che così non avrà la necessità di costruire un secondo deposito.
Grotte del deposito geologico di Onkalo, Finlandia. Fonte TVO.