La Slavia friulana è un territorio parte dell’ente di decentramento regionale di Udine. Si tratta di un’area collinare e in parte montana, che comprende le valli di due corsi d’acqua – il Torre e il Natisone – e, secondo alcuni, la val Resia. La Slavia friulana è una regione storico-geografica plasmata dai grandi eventi degli ultimi due secoli. Racchiude le alture prossime a Caporetto, le colline che furono scenario della Resistenza partigiana, un confine che per lunghi anni ha indirizzato le sorti di chi vive in questi luoghi.
Sclavanie è la parola friulana che indica la Slavia italiana ed è anche il titolo del progetto intrapreso a partire dal 2015 e concluso nell’estate 2020 da Davide Degano, fotografo diplomato alla Royal Academy of Art de L’Aia, nei Paesi Bassi. Sclavanie (si pronuncia con l’accento sulla “i” finale) è culminato nella pubblicazione di un libro che racconta la riscoperta di un microcosmo geografico, con uno sguardo etnografico, a partire dalle forme dell’abitare, dell’occupare la natura, del fare comunità, economia, paese.
Come molte altre aree marginali d’Italia, anche la Slavia friulana ha subito il fenomeno dello spopolamento. Nel decennio tra il 1960 e il 1970 ben 42 borghi sono rimasti abbandonati, parte di un trend nazionale che ha diffuso sempre più la percezione della montagna come luogo di solitudine e di fatica. Oggi, lo spopolamento sembra essersi arrestato e, in particolare nelle Valli del Natisone (Nediške doline, in sloveno) si registra un’inversione di tendenza.
Slavia friulana, molte lingue, un confine
La struttura linguistica del Friuli-Venezia Giulia è molto complessa ed è unica nel suo genere. Qui si incontrano lingue latine, slave e germaniche, eredità di un passato che ha visto queste popolazioni vivere le une a fianco alle altre. Questa particolarità rende il Friuli-Venezia Giulia l’unica regione in Europa dove vengono utilizzate ben quattro lingue ufficiali: l’italiano, lo sloveno, il friulano e il tedesco. Dal punto di vista linguistico, la Slavia friulana costituisce una “particolarità nella particolarità”, dove sopravvivono in uso alcuni dialetti sloveni. Grazie alle memorie e alle antiche tradizioni, questo patrimonio, per quanto debole e assopito, è ancora presente.
«Per chi abita in questi luoghi, il confine spesso viene visto solo come una seccatura, per semplici motivi pratici o burocratici», racconta Davide Degano, che nella Slavia friulana ha le sue radici, «questa multiculturalità secolare sfocia in una connessione molto profonda con il territorio, quasi inconscia. Si tratta di realtà molto fragili ma che sono riuscite a resistere nel tempo. Specialmente nelle Valli del Natisone, le vecchie generazioni hanno lottato per mantenere in vita la loro matrice slovena e le nuove generazioni l’hanno accolta e abbracciata. Le vicende passate e il presente della Slavia friulana possono essere una fonte d’ispirazione per altri territori solcati da un confine».
Che cosa è, oggi, la Slavia friulana? A quali vocazioni risponde?