La numerosità della popolazione mondiale rappresenta un’incognita per qualunque simulazione sul futuro. A seconda delle azioni intraprese – soprattutto in termini di igiene, educazione ed emancipazione delle donne – gli scenari di fine secolo variano di molto. Secondo quelli più ottimistici, che preannunciano un imminente “inverno demografico”, la popolazione mondiale nel 2100 sarà simile a quella attuale (8,8 miliardi). Tuttavia, la maggioranza dei modelli indica valori ben più alti, compresi tra i 10 e i 12 miliardi. Per sfamare adeguatamente così tante bocche, il sistema alimentare globale dovrà divenire davvero sostenibile, riducendo gli sprechi e soprattutto gli eccessi della dieta occidentale.
Scenario positivo
È una mattina di maggio del 2097 e la cucina della mensa universitaria è in pieno fermento. L’intelligenza artificiale che gestisce gli alimenti nella dispensa e quella che governa i flussi degli studenti incrociano i dati per ridurre gli sprechi di cibo della procedura “pranzo”. In attesa del responso del loro oracolo personale, alcuni ingegneri gastronomici programmano i robot per infornare le prime pagnotte: nonostante qualcuno lo rifiuti per ragioni etiche, il pane con farina di grilli è di gran lunga il più consumato.
Il capo cucina verifica le consegne dei fornitori: c’è tutto. La frutta e la verdura sono di stagione e di produzione locale, così come i flaconi di proteine vegetali sintetizzate dalla stessa università. La loro destinazione è la stamperia 3D dove saranno organizzate dalle macchine in fasci di fibre nanometriche e quindi in architetture tridimensionali simili a quelle muscolari. La consistenza finale del prodotto è simile a quella di una bistecca vera, così come il sapore, riprodotto dai tecnici sulla base delle indicazioni ricevute dai sommelier di carne artificiale. Quella vera, per ragioni di costi e di impatto ambientale, è limitata alle grandi occasioni – anche perché non tutti dichiarano di apprezzarla.
L’intelligenza artificiale che gestisce gli alimenti nella dispensa e quella che governa i flussi degli studenti incrociano i dati per ridurre gli sprechi di cibo della procedura “pranzo”.
Nel frattempo, le due intelligenze artificiali sono giunte a una conclusione: considerata la data di scadenza di alcuni prodotti, le preferenze degli utenti nonché la presunta richiesta dei piatti da servire, il menù migliore per la giornata di oggi è il 4E. Come gli altri, anche il menù 4E è stato sviluppato per garantire la corretta quantità di nutrienti di ciascun piatto. Per lo più sono di origine vegetale come legumi e frutti a guscio, ma per chi lo desidera c’è la possibilità di integrarle con alcuni latticini, pagando tuttavia un sovrapprezzo poiché la disponibilità è limitata dalla scarsità degli allevamenti. I tecnici della distribuzione bevande rabboccano intanto i distributori automatici: acqua, vino e birra analcolici, bevande senza zucchero, caffè e tè privi di alcaloidi stimolanti che creano dipendenza. Mangiare sano fa bene alla propria salute, ma anche al pianeta.
Spighe. Illustrazione di Eliana Odelli.
Scenario negativo
È una mattina di maggio del 2097 ma il grasso commodoro Rivadavia è già affamato. Sono tempi duri per tutti i buongustai, perfino per chi – come lui – dispone di un florido patrimonio. Gli stock ittici degli oceani sono ormai al collasso: gli equipaggi che ancora non si sono rassegnati alla desolazione marina spingono i pescherecci in regioni sempre più remote, nella vana ricerca di un fantomatico Eden subacqueo. Non lo troveranno mai, semplicemente perché non può esistere: sono decenni che l’umanità depreda i mari. Le prime a sparire furono le specie di grande taglia e quelle di pregio. Dopo di loro, poco per volta, subirono lo stesso destino tutte le specie che avevano un qualunque valore commerciale. Con il risultato che i fondali, martoriati per troppo tempo dalle reti a strascico, oggi sono privi di vita, o quasi.
Ma in generale, ragiona il commodoro, è l’intero pianeta a soffrire la fame. La siccità e il consumo di suolo hanno ridotto drasticamente le aree coltivabili del pianeta mentre gli allevamenti di manzi e di maiali si contano ormai sulla punta delle dita: nonostante un chilo di carne rossa valga una piccola fortuna, il loro mantenimento è esageratamente dispendioso. Perfino per la maggioranza degli oligarchi.
Le prime a sparire furono le specie di grande taglia e quelle di pregio. Dopo di loro, poco per volta, subirono lo stesso destino tutte le specie che avevano un qualunque valore commerciale.
In compenso, si consola, il pollo farà presto ritorno sulla sua tavola: l’ultimo ceppo di influenza aviaria sembra meno aggressivo dei precedenti e presto gli allevamenti intensivi riprenderanno la produzione. Patogeni e parassiti sono un flagello anche per l’agricoltura: abbandonata da tempo l’utopia di sfamare 12 miliardi di abitanti con il metodo biologico, la produzione agricola mondiale si regge su una manciata di cultivar che garantisce la migliore resa per ettaro. Una strategia vantaggiosa finché le cose girano per il verso giusto ma catastrofica qualora dovesse emergere un nuovo patogeno: la scarsissima variabilità genetica delle piante selezionate non offre che una blanda resistenza, favorendo la rapida diffusione dell’ospite indesiderato.
Una gran seccatura, sbuffa il commodoro, mentre si accomoda nella sala da pranzo. Questa settimana i suoi intermediari si sono superati, rintracciando nel mercato nero una piccola lattina di tonno in scatola. Per battere la concorrenza, il commodoro ha dovuto svenarsi, ma si ritiene ampiamente soddisfatto: a quante altre persone è concesso il privilegio di assaggiare una specie estinta?
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