Il rumore sottomarino e il suo impatto sugli organismi

L'inquinamento acustico ha un impatto importante sulle specie che popolano il mare, ma è ancora poco studiato. Il progetto Soundscape ha monitorato il paesaggio sonoro sottomarino dell'Adriatico settentrionale per più di un anno, per conoscere meglio il problema e individuare possibili soluzioni.

5 minuti | 20 Agosto 2021

Fotografie di Elisabetta Zavoli

Il mare non è un luogo silenzioso: vocalizzi, schiocchi, segnali di ogni genere compongono un panorama sonoro ricco e ancora poco conosciuto, fondamentale per le specie marine.
In acqua il suono si propaga più velocemente rispetto all’aria. Inoltre, a differenza di quello che accade per la luce, la profondità non è un ostacolo.
In questo contesto, gli organismi acquatici si sono evoluti per miliardi di anni, plasmati dalle caratteristiche dell’ambiente circostante, che ha reso l’udito e le comunicazioni sonore elementi centrali per la vita sociale, la riproduzione, la ricerca di cibo e diverse altre funzioni vitali.

Probabilmente anche a causa della nostra errata visione del mare come un ambiente silenzioso, negli anni si è trascurato o sottovalutato l’impatto sulle specie dell’inquinamento acustico in ambiente marino. L’avvento dei suoni artificiali in mare – quelli prodotti dai motori delle imbarcazioni, dai sonar, dai lavori di scavo di piattaforme offshore, dalla ricerca di risorse e da qualsiasi altra attività antropica – ha sconvolto il panorama sonoro sottomarino, non senza conseguenze per gli organismi.

È stato dimostrato che pesci come la Corvina (Sciaena umbra), un pesce osseo diffuso nel Mediterraneo che può formare anche grossi gruppi, risentano della presenza di rumori forti. Il disturbo prodotto dai motori delle imbarcazioni può influenzare la vita di questi animali, limitandone gli spostamenti verticali (si allontanano dalla fonte del rumore andando in profondità) e innescando comportamenti che solitamente si vedono in presenza di predatori.

Lo stesso accade per altri pesci come i tonni, ma anche per numerose specie di mammiferi marini, per i quali il rumore subacqueo di origine antropica è una delle principali minacce.
Questo tipo di inquinamento potrebbe avere un ruolo non secondario anche nei sempre più frequenti episodi di capodogli e altri cetacei spiaggiati.

Nelle tursiopi, i delfini, è stato osservato che un’alta densità di traffico navale induce cambiamenti nel comportamento: la velocità media degli spostamenti è più alta e gli animali si muovono in continuazione, a discapito delle soste, utili per alimentare la loro complessa socialità. Inoltre la presenza di fonti di forte rumore, come i motori delle navi, costringe gli animali ad aumentare il volume e cambiare le frequenze dei loro vocalizzi. Un effetto simile a quello che proviamo quando cerchiamo di parlare con qualcun altro durante un concerto.
In diverse specie di tartarughe marine, l’inquinamento sonoro e quello luminoso possono creare seri problemi durante la nidificazione.

L’idrofono del progetto Interreg Soundscape, gestito da Fondazione Cetacea Onlus, viene recuperato dal team subacqueo “Gianneri” di Rimini. L’idrofono campiona i suoni del mare, in continuo, per circa tre mesi. Viene quindi recuperato, pulito dalle incrostazioni e i dati vengono scaricati. Quindi viene riposizionato in mare per il successivo periodo di campionamento. Rimini, 10 ottobre 2020.

Fantina Madricardo, PhD in Fisica e ricercatrice presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) – Istituto di Scienze del Mare (ISMAR) di Venezia. Venezia, 23 luglio 2021. 

Il progetto Soundscape

L’inquinamento acustico è ormai riconosciuto come una delle principali minacce alla biodiversità marina, lo studio e la mitigazione del problema stanno diventando prioritarie nelle politiche di conservazione.

Dal 2019 nell’Adriatico settentrionale è attivo “SOUNDSCAPE: Paesaggi sonori nel Mare Adriatico settentrionale e il loro impatto sulle risorse biologiche marine“, un progetto europeo Interreg tra Italia e Croazia che terminerà a novembre 2021 e ha l’obiettivo di migliorare la conoscenza dell’inquinamento acustico di origine antropica e fornire elementi utili per la creazione di un piano di gestione del problema. Il progetto ha come capofila l’Istituto di Oceanografia e Pesca (IOF) di Spalato e come partner il Ministero Croato dell’Ambiente e dell’Energia (MEE), Arpa Friuli Venezia Giulia, Blue World Institute (BWI) di Lošinj, CNR-ISMAR di Venezia, Fondazione Cetacea, l’Istituto per la Salute Pubblica di Rijeka (TIPH) e la Regione Marche.

Per oltre un anno, a partire da febbraio 2020, 9 idrofoni – microfoni progettati per “ascoltare” i suoni sott’acqua – sono stati immersi in mare a profondità variabili, attaccati a una boa, per monitorare il nord dell’Adriatico, in un arco che va da Ancona a Spalato, passando per Rimini, Venezia, Trieste e Lussino.

«Abbiamo raccolto una grande quantità di dati, 24 ore su 24 per un intero anno. Per la prima volta siamo in grado di costruire una mappa dettagliata del rumore sottomarino dell’Adriatico settentrionale», spiega Fantina Madricardo, fisica dell’istituto ISMAR-CNR di Venezia, che si è occupata della scrittura del progetto Soundscape e della modellazione degli scenari sonori sottomarini.

«Questi campionamenti ci permetteranno di avere una visione più chiara del paesaggio sonoro sottomarino e di conoscere meglio l’impatto del rumore antropico sulle specie che popolano l’Adriatico, in particolare sui gruppi target del progetto, che sono tursiopi e tartarughe».

Registrazione video di alcuni tursiopi dell’arcipelago di Lussino, Croazia, realizzata dall’organizzazione non-profit Blue World Institute. L’arcipelago ospita diverse centinaia di tursiopi stanziali. L’arcipelago di Lussino è anche caratterizzato da una massiccia presenza di turismo stagionale (estivo) che influenza il comportamento dei tursiopi. In quest’area sono stati posizionati due dei nove idrofoni del progetto Interreg Soundscape, gestiti dal Blue World Institute. Video gentilmente fornito da Marko Radulovic/BWI.

Per una “fortunata” coincidenza, i campionamenti di Soundscape sono stati avviati poco prima dell’inizio dell’emergenza legata al Covid-19, questo ha permesso agli idrofoni di registrare una condizione quasi irripetibile di “silenzio antropico”, in un periodo in cui le attività dell’essere umano erano ridotte al minimo.

«Il rumore di origine antropica non si è mai interrotto del tutto, ma il calo è stato molto più drastico del previsto. Tuttora il traffico navale e le altre attività non sono riprese davvero del tutto, quindi non abbiamo un vero e proprio termine di paragone» prosegue Madricardo.

«Confrontando però i dati raccolti durante il lockdown, con quelli di precedenti campionamenti svolti nella laguna di Venezia nel 2018 nello stesso punto, si vede una differenza davvero enorme».

«A partire dai dati raccolti, stiamo sviluppando delle indicazioni per gli stakeholders, una serie di misure pensate sulla base della distribuzione di popolazione delle specie target e delle relative soglie di rumore, che possano aiutare risolvere prima e meglio il problema» conclude Madricardo.

Il disturbo sonoro, a differenza della maggior parte delle altre tipologie di inquinamento, non è persistente: si interrompe nel momento in cui si “spegne” la fonte del rumore.
Progettare imbarcazioni più silenziose, pianificare le rotte e tutte le altre attività antropiche in mare in funzione delle necessità degli organismi, sono buone pratiche che potrebbero contribuire a ridurre in modo rilevante il problema dell’inquinamento sonoro sottomarino.

Questo articolo è stato prodotto con il supporto di Internews’ Earth Journalism Network e Calouste Gulbenkian Foundation (UK).

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