Novel food, alla ricerca di nuovi gusti sostenibili

Nel 2050 saremo più di 9 miliardi. Come produrremo cibo per tutti in modo sostenibile? Scienziati, chef e imprenditori stanno scommettendo sui novel food, per integrare la cucina italiana con nuovi ingredienti a impatto ridotto.

13 minuti | 19 Agosto 2022

Fotografie di Elisabetta Zavoli

Immaginate di sedervi al tavolo del vostro ristorante preferito, aprire il menu e trovare voci come “carpaccio di medusa”, “pizza con impasto di farina di insetti”, “cannoli ripieni di mousse alle fragole, formiche nere e bachi da seta”. È quello che probabilmente accadrà in un futuro non troppo lontano, e non per chissà quale moda esotica, ma piuttosto per pura necessità. Se nel 2010, infatti, sulla terra vivevano 6,9 miliardi di persone, nel 2030 saranno circa 8,5 miliardi, per poi superare i 9 nel 2050. Una crescita non uniforme, ma concentrata nei grandi centri metropolitani dei Paesi in via di sviluppo, quelli in cui è più difficile avere accesso a un’alimentazione sana. Una delle maggiori sfide per l’essere umano sarà, allora, quella di trovare cibo a sufficienza.
In teoria, secondo una ricerca pubblicata su Nature, saremmo già in grado di produrre in modo sostenibile alimenti per più di 10 miliardi di persone. In pratica, i metodi utilizzati dall’industria alimentare sono spesso incompatibili con la buona salute del nostro pianeta.

Lo studio

Pubblicato a gennaio 2020, il lavoro degli scienziati dell’Istituto di ricerche sugli Impatti climatici di Potsdam (PIK), prende spunto dalla teoria dei “nove limiti planetari”. Elaborata nel 2009 dal geofisico svedese Johan Rockström, questa ipotesi indica i confini oltre i quali l’umanità non dovrebbe spingersi per evitare catastrofi ambientali. 

Analizzando i quattro aspetti più strettamente legati alla produzione di cibo (tutela della biodiversità, sfruttamento del suolo, utilizzo di acqua potabile, ricorso all’azoto), oltre che l’organizzazione dei sistemi agricoli, i ricercatori tedeschi dimostrano come quasi la metà della produzione mondiale di cibo non rispetti le regole della teoria di Rockström. Casi particolarmente eclatanti coinvolgono l’Asia e il Sud America, dove in alcune regioni agricole vengono violati più limiti contemporaneamente. 

Come riporta il Guardian, negli ultimi dieci anni nel Mato Grosso più di 1.000 km² di foresta amazzonica sono stati abbattuti. Lo scopo era espandere la coltivazione della soia, uno dei principali alimenti che gli allevatori nel mondo utilizzano per nutrire i loro animali.
Un cortocircuito globale del mercato alimentare che, come dimostrano i ricercatori di Potsdam, nel 2020 garantiva una dieta equilibrata solamente a 3,4 miliardi di persone, sui 7,7 miliardi di abitanti ospitati in quel periodo dalla Terra. Un fenomeno in aumento che secondo l’ultimo report Fao ha portato, tra 2019 e 2020, 320 milioni di persone in più a non avere accesso a un’alimentazione adeguata.

Meno sprechi

La soluzione, secondo gli scienziati tedeschi, sta nel ripensamento radicale da attuare nei sistemi di produzione e consumo del cibo. Come si legge all’interno del report, «ottimizzare la produzione agricola e il commercio internazionale, prediligere diete che consentono l’impiego di meno risorse e ridurre gli sprechi», rappresentano correzioni necessarie se si vogliono aumentare in modo sostenibile le risorse alimentari. 

Ad esempio, suggeriscono i ricercatori, «un corretto utilizzo dell’acqua può triplicare o addirittura quadruplicare i raccolti, aumentando la produzione mondiale di oltre il 20%. Ma risultati ancora migliori possono derivare dall’ottimizzazione dei modelli di utilizzo del suolo». Infine, altro punto fondamentale riguarda gli sprechi alimentari. «Ridurli anche solo della metà, può generare cibo per un altro miliardo di persone», concludono dall’università di Potsdam.

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I novel food nel menu

Più recentemente, un gruppo di ricercatori dell’Università di Helsinki si è concentrato sull’importanza di rimodulare la dieta degli europei.
«Sostituire gli alimenti di origine animale, protagonisti dei nostri pasti, con una serie di novel food», si legge nello studio, «ridurrebbe il riscaldamento globale e il consumo di acqua e di suolo in misura superiore all’80%». Il tutto, assicurano i finlandesi, «senza disattendere le esigenze nutrizionali tipiche degli esseri umani».
Allora, hamburger di insetti al posto della classica bistecca, alimenti a base di micoproteine (prodotte dalla fermentazione dei funghi) in sostituzione dei legumi, oppure latte coltivato in laboratorio invece di quello munto, potranno davvero costituire il cibo del futuro, quantomeno se si ragiona nell’ottica di alleggerire il carico di un pianeta già popolato da 8 miliardi di persone.

novel food

La Dott. Stefania De Domenico, dell’Università del Salento, prepara un esemplare di medusa della specie Rhizostoma pulmo per il trattamento sperimentale ai fini d’uso alimentare, presso il CNR – ISPA di Lecce, nell’ambito del progetto EU H2020 GoJelly. Lecce, 28 giugno 2022.

gojelly

Parti di medusa della  specie Rhizostoma pulmo soggetta a trattamenti sperimentali per l’uso alimentare e nutraceutico presso il CNR – ISPA di Lecce nell’ambito del progetto EU H2020 GoJelly. Lecce, 28 giugno 2022.

Un tocco di creatività

Più facile a dirsi che a farsi? Uno dei maggiori ostacoli da superare, soprattutto in Italia, è la diffidenza verso prodotti che culturalmente non riusciamo a considerare commestibili. Secondo Antonella Leone, ricercatrice del CNR-ISPA di Lecce e responsabile del progetto EU H2020 – GoJelly, possiamo contare sulla creatività che caratterizza il nostro Paese.

«Se da un lato è vero che siamo particolarmente conservatori quando si parla di cucina, dall’altro i nostri chef primeggiano in sperimentazione e innovazione». E proprio su questo concetto si basa lo European Jellyfish Cookbook: prime ricette a base di meduse in stile occidentale. Un e-book in cui la ricercatrice leccese, grazie alla partecipazione di grandi cuochi italiani e non, ha raccolto nuove suggestioni che aiutino ad ampliare la cultura culinaria europea, senza dimenticarsi del gusto.

Via libera, dunque, all’immaginazione degli scienziati del cibo. Dal carpaccio di medusa con pesto di fiori di zucchine, studiato dallo chef due stelle Michelin Gennaro Esposito, passando per la medusa fritta alla pizzaiola di Giovanni Ingletti o marinata con succo di lime e pompelmo, come propone Pasquale Palamaro, fino ad arrivare alle tagliatelle di seppia e medusa di Fabiano Viva. Ma per chi già ama i gusti orientali, nel Cookbook di Antonella Leone, non mancano le meduse con noodles e salsa di sesamo, presentate dalla celebrità culinaria di Hong Kong Kit Mak.

Che cosa sono i novel food

Cosa si intende, precisamente, per novel food? «I nuovi alimenti sono cibi che storicamente non vengono consumati in nessuno Stato dell’Unione. Per essere legalmente commercializzati, devono ottenere l’autorizzazione della Commissione UE che si avvale del parere dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA)». 

Si può trattare sia di organismi animali, proprio come le meduse o gli insetti, che di prodotti derivanti da alimenti classici. Questi, però, sono elaborati con tecnologie innovative, come avviene con la cosiddetta carne in provetta. Il processo di valutazione dei rischi legati alla sicurezza alimentare, che consente a questi nuovi cibi di arrivare sulle nostre tavole, in realtà non è così lungo. Come spiega la ricercatrice, «dall’avvio della pratica, in poco più di anno, il novel food può essere riconosciuto come cibo legalmente consumabile». Inoltre, aggiunge, «basta che la richiesta con esito positivo sia promossa da uno degli Stati membri, affinché la certificazione sia valida in tutta l’Unione europea».

Dott. Antonella Leone (ricercatrice senior CNR-ISPA) e Dott. Stefania De Domenico (ricercatrice Università del Salento) discutono le attività di estrazione ed analisi di composti da meduse della specie Cotylorhiza tuberculata e Cassiopea andromeda presso il CNR-ISPA di Lecce. Lecce, 28 giugno 2022.

Tuttavia, per le meduse, ancora nessun ente ha avanzato la domanda di riconoscimento. «In quanto CNR, ci stiamo muovendo in questa direzione», assicura Leone. «Con il progetto GoJelly, infatti, abbiamo studiato a fondo le specie presenti nel Mediterraneo». E una su tutte, la Rhizostoma pulmo, «essendo già ampiamente utilizzata e certificata come alimento sicuro nella cucina asiatica», costituisce la candidata principale ad arricchire i menu dei ristoranti europei.
Non sembra destare preoccupazioni nemmeno l’aspetto più critico legato a questo nuovo alimento. «Il problema delle meduse è che possono contenere sostanze tossiche per l’essere umano e sono rapidamente deteriorabili», precisa Leone. 

«Così, nella cucina orientale, vengono solitamente sottoposte a un mix di sale e allume che tuttavia può risultare nocivo, con conseguenze anche gravi sul sistema nervoso». Per evitarlo, «abbiamo studiato un nuovo processo basato su altri sali, che ha già ricevuto il brevetto italiano». 

Ma non solo. Sempre nell’ambito del progetto GoJelly, «abbiamo anche elaborato tre prototipi di nuovi alimenti: un insaporitore, una mousse e una particolare meringa, tutti rigorosamente a base di medusa».

Una ragione in più per cambiare

Secondo la scienziata leccese, l’introduzione dei novel food, può rappresentare anche un’importante opportunità economica, ad esempio per quanto riguarda il mercato ittico. «Nei nostri mari la presenza di meduse è diventata ormai una costante. I pescatori sono puntualmente costretti a ributtare in acqua grosse quantità di meduse pescate accidentalmente. Se queste entrassero a far parte della nostra dieta quotidiana si otterrebbe un triplo vantaggio. Si eviterebbe uno spreco alimentare, si creerebbero nuove fonti di reddito per i pescatori e si limiterebbe il commercio illegale delle meduse importate dall’oriente».

I primi novel food

A fare da apripista in questo nuovo mercato per il Vecchio continente sono stati gli insetti. La Commissione europea, infatti, l’11 febbraio ha autorizzato la commercializzazione nell’Unione degli Acheta domesticus, grilli originari dell’Asia Sud-occidentale. E non si tratta del primo, ma del terzo insetto ad arrivare sulle tavole europee. Oltre ai grilli, anche le larve delle tarme e la locusta migratoria hanno ricevuto il parere positivo dell’EFSA e il via libera della Commissione.

Siamo dunque agli inizi di un processo che porterà a una radicale innovazione dei cibi europei, o almeno ad ampliare la possibilità di scelta. Del resto, già dal 2008, la FAO organizza eventi in giro per il mondo in cui promuove le oltre 1.900 specie di insetti edibili. In ogni caso, garantiscono da Bruxelles, tutti i nuovi alimenti, prima di raggiungere i supermercati, verranno etichettati per segnalare potenziali reazioni allergiche. Saranno poi i consumatori, come ha puntualizzato la Commissione, «a decidere se mangiare insetti o meno».

Valutazione dell’attività biologica di estratti di medusa da parte della Dott. Antonella Leone (ricercatrice senior del CNR-ISPA) mediante osservazione al microscopio confocale di colture di cellule cancerose umane trattate con composti estratti della medusa Cassiopea andromeda presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto di Scienze delle Produzioni Alimentari (CNR-ISPA) di Lecce, nell’ambito del progetto EU H2020 GoJelly (GA n. 774499). Lecce, 28 giugno 2022.

Tutta questione di marketing

Chi lavora da anni per vincere la diffidenza verso gli insetti è Marco Ceriani, esperto in nutrizione e fondatore di ItalBugs, la prima azienda italiana di integratori a base di insetti. «È tutta questione di marketing», spiega Ceriani «già suona ridicolo l’appellativo novel food per cibi mangiati da più di 2 miliardi di persone. Se poi si continua a promuovere l’immagine disgustosa della cavalletta che esce dalla bocca, gli insetti non avranno mai spazio nella nostra cucina». Dopo aver scritto vari libri sull’argomento e aver assistito campioni thailandesi di muay thai che basano la loro dieta principalmente sugli insetti, il nutrizionista si è messo ai fornelli, portando in tavola il Pan-seta: il primo panettone preparato con farina di baco da seta. 

«L’idea, realizzata nel 2015 grazie allo chef Jacopo Scudieri, è stata quella di unire passato e futuro per una doppia promozione di un prodotto tutto italiano». Da un lato l’eccellenza nazionale dell’allevamento del baco, che già nel 1930 veniva utilizzato in 260 stabilimenti del nostro Paese per filare la seta. Dall’altro l’introduzione di un ingrediente “innovativo”, la cui produzione è realmente sostenibile. «Un ettaro di campo destinato alla soia», argomenta il fondatore di Italbugs «in un anno produce una tonnellata di proteine. Se invece sfruttiamo lo stesso terreno per allevare larve, possiamo ricavare fino a 150 tonnellate di proteine di insetti». 

Una scelta che avrebbe un impatto decisamente positivo sull’industria del cibo, dato che grilli e loro simili presentano un’alta efficienza di conversione nutrizionale. Secondo la FAO, infatti, se per produrre 1 kg di carne occorre nutrire un bovino con 8 kg di cibo, agli insetti bastano 2 kg di nutrienti per ottenere 1 kg di massa.

Novel food, un mercato chiuso

Tuttavia, dopo il successo iniziale, Italbugs non ha potuto proseguire l’attività. «La base dell’azienda era in Olanda, dove già all’epoca era possibile vendere insetti edibili». Ma l’obiettivo era quello di sdoganare l’entomofagia a casa nostra. «Purtroppo ci siamo scontrati con la realtà, per cui potevamo esportare gli integratori in Belgio, Francia e Svizzera. Ma non in Italia, dove la commercializzazione non era permessa. Per questo», continua Ceriani, «abbiamo deciso di sospendere la produzione, in attesa di una normativa favorevole».
Nel mondo, il mercato degli insetti commestibili è in rapida ascesa. Secondo Global Market Insights, passerà dai 55 milioni di dollari del 2017 a un valore di 710 milioni nel 2024, + 43,5% all’anno. Lo stesso mercato, però, in Italia fatica ad affermarsi.

LEGGI ANCHE: Gli insetti saranno la nuova carne?

Insetti all’italiana

C’è però chi è convinto sia solo questione di tempo. «Anche il sushi non piaceva a nessuno, poi improvvisamente è diventato una moda e molte trattorie si sono convertite alle polpettine di riso e pesce giapponesi». La vede così Lorenzo Pezzato, cofondatore di Fucibo, azienda di Schio (Vicenza), il cui slogan – Extra Ordinary Italian Food. I primi prodotti a base di insetti fatti in Italia – parla da solo.
«Nel 2017 siamo partiti con 21Bites», racconta Pezzato «un sito dedicato alla vendita di prodotti selezionati a base di insetti. Non appena la Commissione europea ha autorizzato la prima farina, il 3 maggio 2021, siamo partiti con la nostra linea». E in poco più di anno sono già diversi i prodotti sfornati. Si va dai biscotti di mais alle chips aromatizzate alla pizza, tutti alimenti ricchi di proteine derivate dalle larve. 

«Per la farina ci riforniamo da un’azienda francese, la prima che ha ottenuto il brevetto europeo». In Italia, spiega il cofondatore dell’azienda vicentina, «sono troppi i cavilli che impediscono di allevare insetti edibili. Anche per questo», ammette «il mercato da noi ancora non esiste». 

Una dieta più varia

Le prospettive sono comunque rosee per Fucibo, che registra un fatturato in costante crescita, nella speranza che l’attività viva l’impennata definitiva. Al momento rimane una scelta coraggiosa, che impone alla startup un surplus di lavoro per superare la barriera culturale che divide italiani e insetti. «Il messaggio che vogliamo trasmettere è che non si tratta di scegliere tra una locusta o un piatto di carbonara. L’idea è quella di ampliare la classica dieta, con ingredienti sostenibili e di qualità come la farina di insetti».

E allora, dato che scienziati, chef e imprenditori sembrano non aver dubbi sugli effetti benefici dei novel food sulla salute di uomo e ambiente, che problema c’è se lo spaghetto è fatto con proteine di tarme, o se nell’insalata, tra un pomodoro e un cetriolo, spunta una medusa? Forse è davvero solo questione di tempo e un giorno in pizzeria oltre all’impasto classico, di kamut o cereali, potremo scegliere anche quello di farina di tarme o grilli. Del resto negli anni a venire, per convivere con altri 9 miliardi di persone a qualche compromesso dovremo pur scendere. Tanto meglio se a tutelarci ci sarà la qualità del Made in Italy.

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    Alessandro Bergonzi è giornalista praticante, laureato in Giurisprudenza a Genova. Dopo essersi specializzato in Studi diplomatici alla SIOI di Roma si è iscritto al Master in Giornalismo IULM, a Milano. Scrive di scienza e innovazione, di esteri e cultura.

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