La levatrice della discarica di Giacarta

Mak Muji ha aiutato almeno 300 bambini a venire al mondo nel villaggio sorto tra le montagne di rifiuti della discarica di Giacarta. In questi insediamenti vivono i raccoglitori fondamentali per gestire i rifiuti dell'Indonesia, uno tra paesi più responsabili dello sversamento di rifiuti in mare.

21 minuti | 21 Aprile 2023

Fotografie di Elisabetta Zavoli

Mak Muji ha mani esperte. Come raccoglitrice di rifiuti fruga nell’immondizia della discarica di  Giacarta, alla ricerca di qualsiasi cosa, dalla plastica alle lampadine fluorescenti. Talvolta cerca ferro, o il prezioso rame, ma anche pneumatici di auto e biciclette, telefoni cellulari. Vive ai piedi della montagna, la montagna di rifiuti prodotti a Giacarta. 

Oltre a raccogliere i rifiuti però, Mak Muji, ormai sessantenne, ha una missione nella sua comunità: fa massaggi prenatali per alleviare i dolori delle giovani donne incinte che lavorano nella fetida discarica, controlla la posizione dei bambini nel grembo delle madri o li conduce nella posizione a testa in giù. Aiuta le gestanti durante le fasi del travaglio e del parto e dà consigli nelle settimane successive al parto. Mak Muji è la levatrice della discarica. Aiuta la vita a venire alla luce, in un cimitero di cose in decomposizione. Aiuta la comunità a sviluppare un senso del luogo, in un luogo altrimenti trascurato, nascosto alla vista dei cittadini di Giacarta, ma il cui fetore è percepito a chilometri di distanza.

discarica di Giacarta

Alcuni bambini giocano sopra vecchi pneumatici di camion scaricati all’ingresso del villaggio di Ciketing Udik, sorto in mezzo ai cumuli di rifiuti della discarica. Bekasi, Indonesia, 14 aprile 2018.

Nascere all’ombra della montagna di rifiuti

Bantar Gebang è la più grande discarica di rifiuti di Giava, una delle più grandi al mondo. È morbida e instabile, un monte di rifiuti alto 25 metri su cui è difficile camminare. L’immondezzaio copre un’area di 108 ettari, pari a circa 200 campi da calcio. Dai suoi versanti rotolano piccole frane di pattume, emergono sorgenti nerastre di fluidi mefitici e insani.

Ad accogliere i nuovi nati ci sono le famiglie, Mak Muji, e le onnipresenti nuvole di mosche che dominano la discarica. Il concetto di familiarità e di luogo, qui, assume una dimensione disumana. La vista familiare ai neonati e ai bambini dei raccoglitori di rifiuti è il paesaggio della discarica. Il suono familiare è il rumore dei camion della spazzatura che passano incessantemente a pochi metri dalle loro case. Il profumo familiare è l’odore nauseabondo dei rifiuti organici in decomposizione che proviene dalla colossale montagna di rifiuti.

«La prima volta che ho aiutato una donna in travaglio era una persona che non poteva nemmeno camminare ma, grazie a Dio, ha avuto un parto normale», ricorda Mak Muji. La donna non ha mai studiato medicina. Non ha frequentato un corso di ostetricia. Da contadina che era, si è trasferita a Bantar Gebang, da Sumatra. È un percorso comune che dalle campagne attrae umanità nei sobborghi della megalopoli asiatica. «Non ho mai studiato per farlo, è un dono che Dio ha dato a mia nonna e io ho preso questo talento da lei», spiega.

Bantar Gebang

Una fila ininterrotta di camion arancioni attende di scaricare la spazzatura in due dei principali cumuli di rifiuti di Bantar Gebang. La strada che attraversa Bantar Gebang passa a meno di 50 metri dalle case dei raccoglitori di rifiuti. Bekasi, Indonesia, 19 agosto 2018.

discarica di Giacarta

Alcune donne e bambini celebrano un giorno di festa nel piccolo cortile tra alcune abitazione di raccoglitori di rifiuti del villaggio di Citketing Udik, una delle tre comunità sorte intorno e all’interno della grande discarica di Giacarta, Bantar Gebang. Bekasi, Indonesia, 15 ottobre 2017.

Abitanti invisibili di una città parallela 

L’attività di Mak Muji come levatrice del villaggio colma una lacuna che affligge i lavoratori abusivi intorno alla discarica. Infatti, i raccoglitori di rifiuti non hanno accesso all’assistenza sanitaria e un parto in ospedale ha un costo che spesso non possono permettersi. I cosiddetti pemulung, termine dispregiativo per indicare i raccoglitori di rifiuti in bahasa indonesiano, appartengono a una popolazione invisibile, che vive ai margini della società indonesiana. Le classi superiori trascurano la loro esistenza. «Arrivano i topi», si sente dire quando vengono a rovistare tra i rifiuti depositati per strada. Appartengono a una società ignorata e si trovano in quasi tutte le città, da Pechino a New York, da Parigi a Nairobi. 

In Indonesia, secondo Novrizal Tahar, direttore della gestione dei rifiuti presso il Ministero dell’Ambiente indonesiano, ci sono alcuni milioni di raccoglitori di rifiuti, «forse fino a 5 milioni», dice. Mak Muji è una delle almeno 350.000 raccoglitrici di Giacarta.

«Le donne qui non vanno in ospedale perché non hanno mezzi economici», spiega Mak Muji. La nascita di un bambino costerebbe circa un mese di stipendio per un raccoglitore di rifiuti. «A volte le ostetriche dell’ospedale non sono molto tolleranti con le persone come noi, le loro domande possono mettere in imbarazzo [persone come] noi».

discarica di Giacarta

Mariati, 32 anni, al settimo mese di gravidanza, è la seconda figlia di Mak Muji. Aiuta la famiglia smistando i sacchetti di plastica nel loro cortile. Bekasi, Indonesia, 11 febbraio 2018.

Mak Muji

Mak Muji, 55 anni, cammina tra due cumuli di rifiuti con la borsa arancione in cui porta la bilancia per pesare i neonati, nel villaggio di Ciketing Udik. Bekasi, Indonesia, 18 febbraio 2018.

Mak Muji, 55 anni, pulisce il cordone ombelicale di Muhammad Rifky, 1 giorno di vita, e lo disinfetta con polvere di curcuma. Mak Muji è l’unica ostetrica, all’interno della comunità dei raccoglitori di rifiuti, che aiuta le donne incinte a partorire, gratuitamente. Bekasi, Indonesia, 19 settembre 2017.

discarica di Giacarta

Alcuni pupazzi, trovati tra i rifiuti in cima alla discarica, pendono da un filo tra due baracche. È normale che i raccoglitori di rifiuti trovino giocattoli e vestiti ancora in buone condizioni nella discarica, quindi li portano a casa, li lavano e li danno ai propri figli. Bekasi, Indonesia, 29 maggio 2018.

Dalla campagna verso la città, in cerca di un futuro migliore

Molte raccoglitrici non hanno neppure documenti che dimostrino la loro esistenza su questo pianeta. A complicare le cose, credenze religiose inducono spesso i mariti a vietare alle proprie consorti di essere trattate in un ospedale pubblico, scrutate da occhi estranei.

«Appena partoriscono, dico loro di andare a registrare il neonato», dice Mak Muji. I certificati potrebbero aiutare il figlio a ottenere un’istruzione o ad accedere ad altri tipi di sostegno sociale, a fuggire da questo luogo.

Molti raccoglitori di rifiuti, tuttavia, non vogliono lasciare Bantar Gebang. Essendo in fondo a qualsiasi classe sociale, non godono di alcun privilegio rispetto ai lavoratori formali delle classi operaie, medie o alte. Non hanno alternative. Migrando dalla campagna con la prospettiva di un migliore sostentamento, la maggior parte di loro si accorge che una megalopoli satura non è in grado di assorbirli e trova lavoro e rifugio nella discarica e nei suoi dintorni.

Mak Muji saluta tutte le famiglie che incontra nell’insediamento. «Aiutare i poveri che non possono permettersi i costi di un parto in ospedale mi fa sentire orgogliosa», dice. Dà consigli in ogni fase della gravidanza. Nella sua piccola abitazione, da cui si vede la montagna di rifiuti e si sentono le ruspe al lavoro, aiuta le donne da quasi venti anni. Ha aiutato a venire al mondo circa 300 bambini, una media di 2 al mese, spiega. 

Qualche anno fa, dopo oltre un decennio di lavoro, Mak Muji e suo marito hanno potuto permettersi una casa in mattoni. La casa è poi la clinica di Mak Muji: 3 metri quadrati accanto alla cucina e alla zona notte racchiusa tra due armadi. Nell’ambulatorio di Mak Muji non si sente l’odore dell’alcol antisettico, ma quello della discarica. Un ventilatore appeso al sottile compensato del soffitto sospeso sui bambù gira incessantemente. Non rinfresca molto, ma tiene a bada gli sciami di mosche che proliferano grazie ai liquami della discarica e alle temperature tropicali.   

 

La discarica di Giacarta, casa per 2 mila famiglie

La discarica di Bantar Gebang è stata costruita nel 1989. Una volta costruita la discarica è cresciuta rapidamente e alcuni abitanti si sono ritrovati a vivere in capanne precarie all’interno del complesso, con l’orizzonte costituito da montagne di rifiuti. Tramonti nel pattume.

discarica di Giacarta

Mak Muji, 55 anni, siede davanti alla sua tenda mentre seleziona diversi tipi di plastica dai sacchetti che ha riempito la mattina. Bekasi, Indonesia, 19 agosto 2018.

Oggi, intorno e all’interno del complesso, più di 2000 famiglie si sono insediate in un villaggio. All’inizio si trattava di un insediamento temporaneo di contadini che si trasferivano dalla campagna alla città di Giacarta, in rapida crescita, nella speranza di migliorare i propri mezzi di sostentamento. Ma oggi questo è un villaggio. 

Intorno alla casa e alla clinica di Mak Muji tre galline cercano gli scarti della cucina. Le galline siedono su decine di grandi sacchi pieni di plastica, che presto saranno smistati. I sacchi nascondono una ricchezza che va dalle suole delle scarpe alle bottiglie in PET, ai sacchetti multicolori dei bazar e dei supermercati. 

«Riesco a distinguere 12 tipi di plastica diversi solo al tatto», dice, mostrando i palmi delle mani. Nonostante la plastica domini il mercato dei raccoglitori, si raccolgono anche lattine, tappi di metallo, vetro, pneumatici di auto, lampadine, cellulari, medicinali. A volte gli oggetti sono affilati, possono far male.

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La ricchezza nascosta generata dai raccoglitori di rifiuti

«Ci vorranno due settimane per smistare il contenuto dei nostri 32 sacchi», dice Mak Muji indicando un carico fuori dalla sua abitazione. «Potremmo ricavare 100.000 rupie [l’equivalente di 7 dollari USA, nda] per ogni sacco». 

La differenziazione domestica è un guadagno migliore rispetto alla raccolta di rifiuti. È meno faticoso che portare un cesto mentre si scava nella fetida spazzatura alla ricerca di rottami di plastica sotto il sole cocente, su un pendio instabile di rifiuti. La raccolta dei sacchi ammonta a quasi 300 dollari al mese

A livello globale, e soprattutto nei Paesi in rapida industrializzazione come l’Indonesia, i rifiuti crescono a un ritmo più veloce rispetto alle soluzioni di gestione dei rifiuti. Nonostante svolgano un ruolo fondamentale nel sistema di riciclaggio di Giacarta, altrimenti non efficiente, i pemulung, sono trattati con poco o nessun rispetto. 

Eppure, a Giacarta, così come a Bangkok e Manila, gli spazzini risparmiano ogni anno almeno 23 milioni di dollari in importazioni di materie prime, riduzione della raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti riciclabili. Gli spazzini indonesiani riducono quasi di un terzo la quantità di rifiuti che altrimenti verrebbe smaltita nelle discariche. 

La raccolta dei rifiuti genera posti di lavoro. Attira manodopera, che tende a stabilirsi nei pressi delle discariche. Il caso di Mak Muji è la testimonianza di un cambiamento, in cui gli spazzini passano da una soluzione effimera a una condizione stabile, con gruppi di esseri umani che colonizzano non solo le aree circostanti, ma anche l’interno di una discarica.

mak muji

Mak Muji, 55 anni, massaggia il grembo di Bohari, 24 anni, incinta di 7 mesi, durante la celebrazione religiosa acara tuju bulan in cui parenti e amici pregano per un bambino sano e un parto facile e veloce. Mak Muji è l’unica ostetrica, all’interno della comunità dei raccoglitori di rifiuti, che aiuta le donne incinte a partorire, gratuitamente. Bekasi, Indonesia, 7 ottobre 2017.

Il piccolo Muhammad Sarifudin, di 3 giorni, giace avvolto in un panno batik chiamato bedong. Questa fasciatura stretta viene fatta solo durante il primo mese di vita per farlo sentire ancora avvolto come fosse nel grembo materno. La capanna dove vive con i suoi genitori si trova nel villaggio di Sumurbatu, all’interno della discarica di Bantar Gebang. Bekasi, Indonesia, 18 febbraio 2018.

discarica di Giacarta

Al tramonto, una stanca Mak Muji, 55 anni, griglia del pesce nel suo cortile tra sacchi pieni di rifiuti da smistare. Durante il mese sacro del Ramadan, Mak Muji digiuna e lavora sia in cima alla discarica che come ostetrica. Bekasi, Indonesia, 2 giugno 2018.

Un paese invaso dalla plastica

Heru Prasadja, scienziato sociale dell’Università Cattolica Atma Jaya di Giacarta, ha spiegato che sempre più persone sono attratte dal sistema di riciclaggio informale. Così facendo, spesso scompaiono dal sistema nazionale, diventando quasi dei fantasmi. In uno slum di rifiuti non ci sono regole o regolamenti, uno spazzino deve riferire solo al proprio intermediario locale – che riferirà al proprio capo in una rigida gerarchia – dal lavoratore giornaliero ai piccoli e grandi intermediari, fino ai grandi capi. 

Heru ha scoperto che con un reddito familiare medio di circa 216 dollari al mese, gli spazzini guadagnano come il salario minimo previsto a Giacarta nei settori formali. Nonostante si tratti di un lavoro orribile, malsano e talvolta pericoloso, può ancora essere attraente per i più poveri. La sua idea è che bisognerebbe riconoscere il loro lavoro, in modo da dargli accesso ai servizi sociali minimi garantiti dal governo. 

Con oltre 1,3 milioni di tonnellate di plastica scaricate nell’oceano, l’Indonesia è il secondo maggior responsabile dei rifiuti negli oceani. Con oltre 64 milioni di tonnellate di rifiuti all’anno, secondo i dati del Ministero dell’Ambiente e delle Foreste, l’Indonesia è il primo produttore di rifiuti del Sud-Est asiatico.

discarica di Giacarta

Di fronte a Bantar Gebang, la più grande discarica di Giacarta, alcuni uomini catturano i pesci nelle acque fangose e altamente inquinate che filtrano dalla discarica. Bekasi, Indonesia, 29 maggio 2018.

Lavoratori invisibili e senza tutele, che svolgono un compito importantissimo

In mancanza di un efficace sistema di riciclaggio, la maggior parte dei rifiuti di Giacarta finisce nel sito di smaltimento finale di Bantar Gebang, nel comune di Bekasi. È il principale cimitero di Giacarta che riceve il 67% dei rifiuti urbani non differenziati. È privo di sistemi per evitare la contaminazione dell’aria o delle acque sotterranee. Nel terreno fuoriesce una zuppa mefitica di resti organici in decomposizione conditi con occasionali rifiuti non dichiarati, come quelli ospedalieri. È stato progettato per ricevere un massimo di 4500 tonnellate di rifiuti al giorno. Eppure, riceve più di 7000 tonnellate di rifiuti al giorno.

Man mano che il materiale organico si decompone, il cumulo maleodorante si attenua lentamente. «Il ruolo dei raccoglitori di rifiuti è fondamentale: se non recuperassero i materiali riciclabili, tutti i rifiuti finirebbero in discarica o sarebbero dispersi nei fiumi o nelle campagne. Queste persone raccolgono materiali come plastica, ferro e altri materiali e li separano in diversi tipi per riciclarli», ha detto Heru. Annisa Paramita, responsabile della comunicazione di Waste4Change, un’impresa impegnata nella gestione responsabile dei rifiuti a Giacarta, dice che i raccoglitori di rifiuti muovono un capitale di circa 2 miliardi di rupie al giorno. «Si tratta però di un lavoro non regolamentato. Non pagano tasse, non ricevono contributi sociali, né sicurezza economica o sanitaria», ha detto.

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La speranza del riscatto, per lasciare per sempre la discarica

La comunità di raccoglitori di rifiuti di Bantar Gebang, un tempo insediamento temporaneo, è ora una comunità stabile. Nonostante non sia vista dalla crescente classe media di Giacarta, la comunità è lì per restare. 

Mentre Mak Muji aiuta le donne a partorire e molte abitazioni precarie si trasformano lentamente in case di mattoni, ci sono raccoglitori che cercano di migliorare la qualità della propria esistenza. Jamar, ad esempio, sta piantando erba e un piccolo bonsai fuori dalla sua casa. Non ha più di 2 metri quadrati di terreno. «Mi piace lavorare nel mio giardino, mi dà pace», ha detto.

Bantar Gebang

Mak Muji, 55 anni, lava Aysila Husna, 3 mesi, sotto lo sguardo della sua amica. Sullo sfondo mucchi di sacchi di materiale da selezionare e montagne di spazzatura formano il paesaggio quotidiano della comunità di raccoglitori di rifiuti a Sumurbatu, una delle tre comunità sorte intorno e all’interno di Bantar Gebang, la più grande discarica di Giacarta. Bekasi, Indonesia, 2018.

Bekasi

Il cortile di Mak Muji è pieno di sacchi della spazzatura da smistare, come si vede dall’interno della sua casetta attraverso la tenda che aiuta a tenere lontane le migliaia di mosche. Polli e galline sono liberi di razzolare tra i rifiuti in cerca di cibo. Bekasi, Indonesia, 18 febbraio 2018.

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Elisa Aprelia, 2 mesi, la nipote più piccola di Mak Muji, è sdraiata sul pavimento della sua casetta sotto una rete per proteggerla dalle migliaia di mosche che vivono tra la spazzatura. Bekasi, Indonesia, 2018.

discarica di Giacarta

Un chiosco di cibo in un angolo del villaggio di Ciketing Udik tra le baracche dei raccoglitori di rifiuti, al tramonto, è un luogo di ritrovo per donne e bambini dopo una giornata di lavoro. Bekasi, Indonesia, 2 giugno 2018.

Alcuni appendono gabbie per uccelli canterini fuori dalle case, per un senso di bellezza e probabilmente come deterrente per le mosche. I bambini usano l’immondizia come parco giochi, come banca dei giocattoli. Fuori da alcune case, orsacchiotti di peluche salvati dal monte insalubre sono ad asciugare dopo essere stati lavati, saranno nuovi giochi per i bambini del villaggio.

«Sono grata e felice perché posso lavorare», dice l’ostetrica della discarica. «Ho mandato i miei figli a scuola e all’università e posso aiutare altre persone. Non ho altre competenze o esperienze lavorative di alcun tipo, ma qui posso aiutare le donne incinte, posso lavorare con i bambini. Sono grata e felice per la mia famiglia, i miei figli e mio marito», dice.

A differenza della maggior parte dei raccoglitori di rifiuti, per i quali l’istruzione suona come uno spreco di denaro, Mak Muji ha impedito ai suoi figli di calpestare la montagna di rifiuti che domina il paesaggio circostante. Voleva che stessero lontani da quel mucchio infido, maleodorante e malsano. È convinta che l’istruzione sia il modo per emanciparsi dalla sua classe, tanto disprezzata. «La mia speranza per i miei figli è che capiscano l’importanza di andare a scuola e di perseverare negli studi. Posso dare loro o meno un patrimonio materiale, ma l’importante è la conoscenza», dice.

Tra scarafaggi e motociclette, consapevole di svolgere un ruolo vitale nella sua comunità, Mak Muji è un filo che contribuisce a sviluppare un senso del luogo, a fare di uno slum una comunità.

mak muji

Mak Muji, 55 anni, siede nel soggiorno della sua nuova casa dondolando sua nipote Elisa Aprelia, di 2 mesi, che dorme all’interno di un tessuto batik appeso al soffitto. Bekasi, Indonesia, 1 giugno 2018.

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