Secondo le stime dell’Imperial College di Londra, dal 1980 al 2014 la prevalenza del diabete nel continente africano è pressoché raddoppiata.
L’Organizzazione mondiale della Sanità parla di doppio onere della malnutrizione: nella stessa popolazione, nella stessa famiglia e anche nella stessa persona possono coesistere sovrappeso o sottopeso e deficit nutrizionali. Nelle isole Figi, in Papua Nuova Guinea e a Vanuatu, problemi alla tiroide causati dalla carenza di iodio sono endemici. In molte isole del Pacifico sono frequenti i deficit di ferro, con conseguenti casi di anemia nelle donne incinte e nei bambini, nonché di vitamina A, con possibili conseguenze per la vista. L’obesità, poi, è correlata a malattie quali il diabete, l’ipertensione, le malattie cardiovascolari, come ictus e infarto, e a un maggior rischio di sviluppare alcuni tipi di tumori. Nella regione del Pacifico si registrano i più alti tassi di diabete di tipo 2 del mondo: nell’isola di Samoa il 47% della popolazione è affetto dalla patologia, contro il 13 per cento degli statunitensi. Secondo le stime dell’Imperial College di Londra, dal 1980 al 2014 la prevalenza del diabete nel continente africano è pressoché raddoppiata.
Durante le carestie la selezione naturale favorisce gli individui che […] tendono a convertire le calorie in adipe, da sfruttare nei periodi di ristrettezze.
Al giorno d’oggi i banchetti oceaniani sono poveri di frutta e vegetali, ma abbondano in costicine di agnello e cibi fritti. Nonché di code di tacchino, le quali possiedono un contenuto di grassi pari al 75 per cento. Si tratta di una ghiandola ripiena di olio che l’uccello usa per rizzare le penne. Il palato occidentale è troppo raffinato per questi manicaretti, e così le code dei 245 milioni di tacchini allevati ogni anno negli Stati Uniti finiscono sulle tavole del Pacifico dove sono considerate una vera prelibatezza. Nel 2007, quando il governo decise di bandirle, i samoani consumavano in media 20 chilogrammi di code di tacchino a testa. Il divieto scontentò la popolazione e finì per essere abrogato appena sei anni più tardi, su pressione dell’Organizzazione Mondiale del Commercio. Parte del problema affonda le radici nel retaggio culturale – in molti Paesi africani, ma anche nello stesso Pacifico, l’obesità è vista come una manifestazione di prosperità – e nella genetica. Secondo un’ipotesi elaborata nel 1962 da James Neel, genetista dell’Università del Michigan, durante le carestie la selezione naturale favorisce gli individui che possiedono un corredo di geni da risparmiatore. In altri termini, coloro i quali tendono a convertire le calorie in adipe, da sfruttare nei periodi di ristrettezze. Sono geni che tutte le persone possiedono, ma è plausibile che le popolazioni la cui storia è stata funestata più volte da periodi di privazione ne abbiano versioni più efficienti. Nell’attuale contesto di abbondanza, questo corredo le predispone a sviluppare patologie potenzialmente letali: malattie cardiache e vascolari, diabete, ipertensione. Il cambiamento nello stile di vita è la combinazione di quattro macro-fattori economici: l’urbanizzazione, l’aumento del reddito pro capite, la tecnologia e l’apertura dei mercati. L’Accordo Generale sulle Tariffe e sul Commercio (GATT), sottoscritto nel 1947 dagli stati membri dell’Organizzazione Mondiale del Commercio ha consentito un ampliamento del mercato dei servizi e dei beni. Il primo passo verso la globalizzazione di dieta e stile di vita.
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Questo articolo è la prima parte di una serie sulla dieta nell’Antropocene. Leggi la seconda parte: “L’insostenibile appetito della crescita demografica”.