Un filo diretto con la natura

Intervista a Jaime Jackson, artista biofilico digitale, che con l'arte coinvolge i più vulnerabili al cambiamento climatico per creare assieme consapevolezza e soluzioni.

8 minuti | 2 Luglio 2021

Testi di Erica Villa

La passione di Jaime per la natura è iniziata molto presto, quando era un bambino e co-presentatore del programma settimanale Nature Trail della BBC Radio Oxford. Jaime ricorda che quando registravano gli episodi intervistavano esperti di ecologia e conservazione della natura e a volte emergevano interessanti aspetti di folklore inglese basato sulla natura locale. Quell’esperienza ha lasciato in lui un segno indelebile.

Jaime Jackson è un artista collaborativo biofilico (che lavora sulla tendenza innata dell’uomo a concentrare il proprio interesse sulla vita e sui processi vitali), digitale e relazionale e ha all’attivo numerose collaborazioni con ricercatori del settore, anche in Italia. La sua pratica utilizza tecnologie digitali tra cui motion capture, realtà aumentata e immagini in movimento e il suo lavoro esplora la separazione tra l’uomo e il mondo naturale attraverso la biomimetica (lo studio dei processi biologici e biomeccanici della natura, come fonte d’ispirazione per il miglioramento delle attività e tecnologie umane).

un artista biofilico

L’insegnante d’arte di Jaime Jackson aveva sostenuto lo sviluppo artistico del ragazzo fin dall’inizio, incoraggiandolo a uscire e a dipingere immerso nella natura, invece di stare in classe durante le lezioni. «Una volta l’insegnante mi trovò a dipingere in un campo circondato da mucche curiose e invadenti, rise molto». La pratica di Jaime si è evoluta da allora a partire da paesaggi astratti, attraverso un’indagine basata sulla natura, rispondendo creativamente alla natura stessa con un approccio site specific.

La pratica artistica di Jackson si è evoluta verso l’arte pubblica, digitale e connessa con le comunità, […] con minoranze e persone socialmente svantaggiate, che di solito non vengono coinvolte nell’arte visiva contemporanea

«Sono diventato un artista biofilico lavorando come produttore di arte pubblica nella ricerca di elementi biofilici/biomimetici e nel design dell’architettura del paesaggio, portando la natura nelle città. Ho capito che questa pratica artistica, reattiva e proattiva, porta alla visione non dualistica secondo cui noi siamo la natura», racconta l’artista. A Jaime Jackson piace il termine biofilia perché significa amore per la natura. Essere un artista biofilico significa, spiega, lavorare con il cuore e non solo con il cervello. «Sono cuore e mente fuse insieme, attraverso un approccio etico con l’obiettivo di non causare danni ma anzi risolvere i problemi attraverso soluzioni nature-based».

interconnessi con la natura

«È la percezione di una nostra separazione dalla natura che ha causato la crisi climatica ed ecologica. Se sentissimo la nostra vera connessione e interdipendenza non faremmo mai quello che abbiamo fatto e quello che stiamo facendo ora». La pratica artistica di Jackson si è evoluta verso l’arte pubblica, digitale e connessa con le comunità, sviluppando la co-produzione e la pratica collaborativa il più delle volte con minoranze e persone socialmente svantaggiate, che di solito non vengono coinvolte nell’arte visiva contemporanea, al fine di fornire loro strumenti per adattarsi alla crisi climatica ed ecologica.

Nella sua pratica personale, Jaime Jackson esplora la natura “incarnata” filmando la danza nella natura, usando installazioni digitali e creando dipinti in movimento. «Penso che ci sia un grande potere nella cultura, è il potere di cambiare. Siamo tutti esseri incredibilmente creativi, e gli artisti ne posseggono una chiave. Non è facile, naturalmente, perché c’è sempre resistenza al cambiamento che deve avvenire dall’interno, bypassando le nostre risposte condizionate. In realtà, tutto ciò che possiamo cambiare siamo noi stessi, ma non si tratta di trasformarci in qualcosa di nuovo, poiché siamo già parte della natura», sostiene l’artista, «Si tratta di connetterci con il nostro sé non condizionato, attraverso il terreno e le potenzialità della natura».

Arte per il cambiamento sociale

Jaime, ad un certo punto del suo percorso artistico e personale, ha capito che aveva bisogno di cambiare i suoi punti di vista condizionati da schemi abituali e ripetuti. «Questo è attivismo personale. Penso che come artista sono diventato un artivista (artista+attivista) quando ho deciso di fare questo passo». Gli artisti creano una cornice alla cultura e possono avere, per Jaime, un forte impatto anche su elettori e consumatori; così facendo possono aiutare i politici e i decisori a ottenere la fiducia per cambiare il modello di business attuale.

«Filmo nella natura e pratico una tecnica di mindfulness per radicarmi nello spazio, e ho scoperto che anche la maggior parte degli scienziati del clima con cui lavoro meditano e/o praticano yoga»

L’artista crede nell’arte pubblica e partecipata che coinvolga le comunità perché «siamo tutti uguali, le nostre visioni dualistiche ci separano l’uno dall’altro, dalla natura e anche da noi stessi, ma in realtà siamo tutti artisti, anche la ricerca scientifica è incredibilmente creativa e fonte di ispirazione. Le nostre emozioni», continua, «sono pura creatività, sotto la stratificazione di rabbia, avidità, ignoranza e così via, ma generalmente non ci viene insegnato come sfruttare questo potere per generare un cambiamento positivo. L’arte è un modo di farlo attraverso la co-produzione creativa, aiutando altri ad accendere la propria luce per connettersi con la propria vera natura».

Arte per i più vulnerabili 

Recentemente Jaime Jackson ha condotto un progetto di realtà aumentata in un arboreto al Queenswood Country Park nell’Herefordshire in Inghilterra.
Per il progetto, giovani provenienti da comunità svantaggiate, che normalmente non avrebbero questo genere di opportunità, hanno creato i propri ritratti digitali come uomini/donne verdi, ritratti che sono stati digitalmente attaccati agli alberi come parte di un’installazione.
«Filmo nella natura e pratico una tecnica di mindfulness per radicarmi nello spazio, e ho scoperto che anche la maggior parte degli scienziati del clima con cui lavoro meditano e/o praticano yoga. Spesso filmo sul posto un ballerino o una ballerina, che risponde agli alberi che lo circondano. Stratifico le immagini della natura sui loro costumi durante il montaggio e In seguito espongo il mio lavoro nello spazio della natura dove l’ho girato, come video mapping».

L’artista ha appena ricevuto un finanziamento dall’Arts Council England per sviluppare la pratica nella realtà mista. Il digitale crea un altro strato di separazione e illusione, come i film, e questo rende più difficile trovare spazi per la creazione artistica se lo si paragona, ad esempio, alla pittura. Jaime ritiene che «nella qualità di spazio liminale-onirico della realtà alternativa sia possibile trovare una connettività sublime, come in un momento di pausa estatica che si può avere di fronte a un affresco del primo Rinascimento, anche nell’unione del “reale” con il “non reale” attraverso il posizionamento dell’opera e gli spazi di contenuto nel metaverso». Jaime lavora usando la mappatura 3D lidar (un sensore laser) e il motion capture (registrazione del movimento del corpo umano) per creare spazi digitali immersi nella natura.

Ambiente e geografia

Le collaborazione con ricercatori di ogni parte del mondo è davvero ricca. Ha appena iniziato a lavorare con Susanne Börner, una ricercatrice di geografia nel campo della (in)sicurezza delle risorse, della vulnerabilità ai cambiamenti climatici e della giustizia ambientale dell’Università di Birmingham e con l’Università di San Paolo, con le quali coinvolge nei suoi progetti i giovani alla periferia delle frange urbane di San Paolo e i giovani indigeni in Amazzonia.
Jaime ha anche appena iniziato a lavorare con la psicologa ambientale Jennifer Roe che è nello stesso dipartimento della Börner, «mi aiuta molto avere il supporto dell’accademia e della ricerca per costruire modi più efficaci di coinvolgere il pubblico».

«Il progetto è anche legato alla mia recente collaborazione con il Biocultural Diversity Lab guidato da Renata Soukand, professoressa associata di Etnobotanica presso il Dipartimento di Scienze Ambientali, Informatica e Statistica dell’Università Ca’ Foscari Venezia». Il laboratorio interdisciplinare, con sede a Ca’ Foscari ma parte di una rete che abbraccia molti continenti, è dedicato allo studio della diversità bioculturale in tutti i suoi aspetti.

Jamie Jackson

Lungo le antiche rotte commerciali

Per questo progetto, un gruppo di artisti rifletterà sulle rotte commerciali antiche e contemporanee, sui viaggi delle merci (e dei servizi) e sulle relazioni con l’attuale sostenibilità ambientale

«Sto lavorando anche ad un archivio dell’Hereford Archive and Records Centre, progetto finanziato dall’Arts Council England chiamato Traders Tracks, di cui sono direttore artistico. La collezione, appartenente ad Alfred Watkins, contiene mappe, fotografie, disegni e testi dell’inizio del XX secolo».
Il progetto si focalizza sulle ley line (linee di mappatura), allineamenti di punti geografici con un interesse spirituale (ad esempio ubicazioni di siti religiosi), dell’età del ferro del Regno Unito e presenta i dati del Straight Track Postal Club, che consisteva di 30 membri in tutto il Regno Unito che mappavano queste linee nella loro area locale negli anni ’20 e ’30. Per questo progetto, un gruppo di artisti rifletterà sulle rotte commerciali antiche e contemporanee, sui viaggi delle merci (e dei servizi) e sulle relazioni con l’attuale sostenibilità ambientale; lavorando con gruppi di escursionisti e con le comunità socio-economiche più basse.

Jaime Jackson curerà anche un’installazione di realtà virtuale creata nei giardini botanici dell’Università di Birmingham a Winterbourne, con opere d’arte digitali co-prodotte basate sui sogni della terra. «Useremo la conoscenza ecologica attraverso narrazioni di sogni culturalmente risonanti, e useremo quel contenuto per permettere ai giovani di Birmingham di co-produrre contenuti artistici con i giovani in Brasile.
Il risultato sarà un’installazione di spazio onirico liminale a realtà mista. L’idea è quella di incubare sogni sulla natura attraverso la co-creazione con i partecipanti che includono la saggezza della natura indigena come un modo di esplorare spazi “reali-irreali” per costruire l’adattamento al clima e alla crisi ecologica».

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  • Erica Villa

    Erica Villa ha una laurea in biologia e un master in comunicazione della scienza. Cura e studia le connessioni e le collaborazioni tra ricercatori e artisti in progetti europei, residenze e mostre.

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