Cosa sappiamo delle origini del lupo? La risposta è: tutto sommato, poco. Del Canis lupus sono ampiamente studiate l’ecologia e la biologia, il suo ruolo nell’ambiente (esemplificativi il caso della reintroduzione della specie nel Parco di Yellowstone o, più di recente, il suo possibile contributo nell’influenzare l’epidemia di peste suina tra i cinghiali in alcune regioni del Nord Italia); e ancora, moltissime ricerche sono state dedicate a scoprire l’origine del suo conspecifico domestico, il cane.
Il lupo, inoltre, è spesso al centro del dibattito pubblico da quando la crescita della popolazione lo ha riportato in aree da cui è rimasto assente a lungo. Insomma, è un animale conosciuto per molti aspetti – e iconico per altri; eppure, se c’è un tassello delle conoscenze ancora traballante è proprio quello della sua origine. Ora, uno studio appena pubblicato su Scientific Reports, e condotto da un gruppo di ricercatori italiani, aggiunge nuove tessere al mosaico. I risultati del lavoro, condotti su un reperto fossile ben più antico di quelli finora noti, ne estendono la storia evolutiva in Europa, portandola a un periodo nel quale i cambiamenti climatici hanno probabilmente favorito la diffusione di molte nuove specie sul nostro continente.
Dal lupo di Mosbach al lupo attuale
«Gli studi paleontologici condotti finora suggeriscono che, tra le diverse specie di canidi presenti in Europa nel periodo del Pleistocene (tra i 2,5 milioni e gli 11.500 anni fa), quello più affine al lupo fosse Canis mosbachensis, detto “lupo di Mosbach”», spiega Dawid Iurino, paleontologo del Dipartimento di Scienze della Terra de La Sapienza di Roma e primo autore del nuovo studio.
«Si trattava di un canide più gracile rispetto ai lupi odierni, simile per certi aspetti a uno sciacallo, abbondantemente diffuso in tutta l’Eurasia. Abbiamo pochi, incompleti reperti di C. mosbachensis, databili a poco più di 400.000 anni fa; i resti più antichi attribuibili al lupo, finora, risalivano invece a 300.000-350.000 anni fa. Vi è, dunque, un’ampia finestra temporale durante la quale non sappiamo cosa sia successo: il lupo di Mosbach potrebbe essere l’antenato di Canis lupus come sostenuto da diversi autori, oppure potrebbe rappresentare una forma arcaica del lupo attuale».
Fossile di lupo (Canis lupus) proveniente dal sito di Ponte Galeria, 2021. Foto di Dawid Adam Iurino.
Uno dei problemi principali degli studi in questo campo è che i reperti disponibili, almeno per quanto riguarda questo cruciale arco temporale, sono incompleti e frammentari, per cui è molto difficile ricostruire gli eventi. Per analizzare crani e altri reperti completi di C. lupus e C. mosbachensis bisogna fare un salto temporale piuttosto lungo, perché quelli ben conservati sono molto più recenti (nel caso del lupo) oppure molto più antichi (nel caso del lupo di Mosbach).
È per questa ragione che i ricercatori sono rimasti incuriositi davanti a un fossile incompleto, un reperto conservato al Dipartimento di Scienze della Terra de La Sapienza. «Il reperto, una calotta cranica, non era datato ma recava un cartellino che ne indicava la provenienza, l’area di Ponte Galeria, a Roma», racconta il paleontologo. «Da una parte, era evidente che si trattava dei resti di un canide, e questo rappresentava di per sé un dato importante, perché i fossili di carnivori sono molto rari nei giacimenti di Ponte Galeria. Dall’altra, i fossili provenienti da quest’area abbracciano proprio l’arco temporale più oscuro per le origini del lupo».
Una TAC per i fossili
Il primo passaggio dell’indagine è stata la datazione del reperto. Ciò, spiega Iurino, è stato possibile grazie all’analisi del sedimento che si era depositato all’interno del fossile: le ceneri vulcaniche possiedono infatti un’impronta geochimica ben precisa dalla quale è possibile risalire al vulcano di provenienza e al periodo di emissione. L’analisi ha portato a stabilire che il fossile risale a 400.000 anni fa – ovvero poco più recente dell’ultimo C. mosbachensis.
Stabilito ciò, restava un’altra domanda importante cui rispondere: a che specie appartiene questo cranio parziale e in parte disarticolato? Per quanto riguarda i carnivori e, più in generale i mammiferi, di solito la porzione più utile per la determinazione è costituita dalla parte anteriore del cranio, dove si trovano i denti e gli organi di senso. Sfortunatamente, il reperto di Ponte Galeria è formato solamente da una porzione frontale e occipitale del cranio, e dunque non è di per sé sufficiente a stabilire l’identità del proprietario.
Per aggirare l’ostacolo, i ricercatori hanno adottato una strategia d’indagine completamente diversa. «Abbiamo sfruttato la tomografia computerizzata o TAC per digitalizzare i frammenti ossei e ricostruire le strutture interne ed esterne del cranio», ricorda il paleontologo. «In questo modo, abbiamo ottenuto i modelli 3D sia del cranio che del suo contenuto, ovvero dell’encefalo e dei seni frontali, che potevano essere confrontati con quelli di altri canidi, estinti e attuali».
Ricostruzione 3D dei seni frontali (rosso) e dell’encefalo (azzurro) nell’esemplare di Ponte Galeria (sinistra) e in un lupo appenninico attuale (destra), 2021. Elaborazione grafica di Dawid Adam Iurino.
La comparazione ha portato i ricercatori a stabilire che la morfologia dei seni frontali e dell’encefalo è più simile a quella del lupo. È da notare, però, che fra le diverse specie considerate (che comprendono, per esempio, il caberù o lupo etiope, lo sciacallo dorato e il lupo messicano) ne manca una, ed è proprio il C. mosbachensis.
La ragione è semplice: gli unici reperti ben conservati di questa specie sono molto più antichi rispetto al reperto analizzato, e quindi anche diversi morfologicamente, ma soprattutto mancano le tomografie con cui eseguire le comparazioni. Pertanto, chiarisce Iurino, «abbiamo eseguito un confronto indiretto basato su osservazioni e i dati biometrici riportati da altri ricercatori. Anche in questo caso, il reperto si conferma più simile a un lupo attuale che al lupo di Mosbach – e sulla base di queste e altre evidenze lo abbiamo attribuito a Canis lupus».
Un lupo antico, un’epoca di cambiamenti
Potrebbe essere dunque il primo, più antico lupo d’Europa quello descritto dai ricercatori nel nuovo studio: un lupo di 400.000 anni fa. «Da un punto di vista generale, appare sorprendente quanto poco si sappia dell’origine di un animale così iconico. Da un punto di vista strettamente paleobiologico, è invece interessante capire i tempi e le dinamiche che hanno determinato l’evoluzione dei canidi, e come questa sia stata influenzata da eventuali fenomeni climatico-ambientali», commenta il paleontologo.
Ricostruzione dell’aspetto in vita dell’esemplare di Ponte Galeria, 2021. Illustrazione di Dawid Adam Iurino.
E, in effetti, l’età del primo lupo d’Europa è interessante, perché ricade in un periodo noto come “evento Mid-Brunhes”, un intervallo del Pleistocene medio caratterizzato da importanti cambiamenti climatici che determinarono l’accentuazione delle fasi glaciali e interglaciali. Questo ha comportato una ridistribuzione degli ambienti e di conseguenza delle faune, con la comparsa delle specie che oggi caratterizzano l’Europa.
«Le variazioni del livello del mare legate alle glaciazioni hanno ridisegnato più e più volte il profilo delle terre emerse, questo significa che nel corso del tempo si sono aperte o chiuse vie di comunicazione che hanno favorito la diffusione o l’isolamento delle faune», conclude Iurino. «Queste dinamiche hanno avuto un ruolo importante nella storia evolutiva dei canidi e in particolare nell’origine e distribuzione delle specie attuali. Il lupo, in questo contesto, non è che una delle molte: pensiamo, per esempio, che nello stesso periodo si è assistito anche alla comparsa dell’uomo di Neanderthal in Eurasia. È stato, insomma, un periodo caratterizzato da una dinamica d’insieme estremamente complessa: specie per specie, ricostruire i diversi tasselli ci aiuta a capire cos’è successo. E a ricomporre il puzzle».
Lupo appenninico (Canis lupus italicus), Appennino abruzzese, 2020. Foto di Pier Paolo Salucci.