Un po’ di cose da sapere sul morso di vipera

Come ogni estate, alcuni episodi di morsi di vipera riesumano la nostra antica e irrazionale paura dei serpenti.

4 minuti | 16 Luglio 2021

Illustrazioni di Daniela Germani

In Italia negli ultimi dieci anni sono morte meno di dieci persone per morsi di serpenti velenosi. Un numero sicuramente importante, ma molto inferiore rispetto alle circa dieci vittime all’anno di calabroni, vespe e api. Certo, non è una grande consolazione sapere che esistono animali che mietono più vittime. Questo però la dice lunga su quanto la percezione del rischio sia soggettiva, specialmente se si parla di serpenti. Chi frequenta anche solo di sfuggita campagne e montagne italiane, sa bene quanto sia sistematica la strage di serpenti. Agricoltori, escursionisti, cercatori di funghi o semplici passeggiatori della domenica, eliminano i serpenti a prescindere dalla loro pericolosità.
Alla base di questa ostilità c’è la paura (secondo alcuni innata, secondo altri acquisita) ma anche la scarsa informazione sul ruolo ecologico dei serpenti e sulla effettiva pericolosità del morso di vipera.

UNA BAMBINA MORSA IN CALABRIA

Appena poche settimane fa una bambina è stata ricoverata all’ospedale di Polistena, in Calabria. Era in condizioni tali da richiedere la somministrazione del siero. La notizia è finita sui giornali per via della staffetta di 300 km organizzata dalla Polizia per trasportare il farmaco, che si trovava a Matera. Il “siero antivipera” oggi non è più diffuso come qualche anno fa, si utilizza molto raramente e solo in caso di stretta necessità.
La bambina era stata morsa da una vipera, quasi sicuramente una Vipera aspis hugyi, diffusa nel sud del nostro paese. Nel 2018 un esemplare della stessa sottospecie aveva morso una signora settantenne nelle campagne del Cilento, uccidendola.

Seppur estremamente rari, episodi come questo alimentano l’odio nei confronti di animali fondamentali per l’ecosistema e perlopiù innocui per gli esseri umani.

I serpenti velenosi in Italia

In Italia esistono in totale sette specie di serpenti velenosi: colubro lacertino (Malpolon monspessulanus) e serpente gatto (Telescopus fallax) sono due specie rare nel nostro paese. Hanno un carattere aggressivo ma non sono pericolose, perché hanno i denti veleniferi nella zona posteriore della bocca e quindi difficilmente riescono a inoculare il veleno in un essere umano. Le altre cinque specie sono vipere, il marasso (Vipera berus), la vipera di Orsini (Vipera ursinii), la vipera dal corno (Vipera ammodytes), la vipera comune (Vipera aspis) e la più “giovane” vipera dei Walser (Vipera walser) riconosciuta come specie a sé pochi anni fa.

Alla base di questa ostilità c’è la paura ma anche la scarsa informazione, sia sul ruolo ecologico dei serpenti, sia sulla effettiva pericolosità del morso di vipera.

COSA SUCCEDE DOPO UN MORSO DI VIPERA

Le vipere sono le uniche specie italiane che possono dare qualche preoccupazione per la salute, anche se con conseguenze quasi mai mortali. I dati sono estremamente frammentati e non esiste un database unico, ma le stime dicono che un morso di vipera risulta fatale soltanto nello 0,1% dei casi. Quasi sempre a causa di complicazioni collaterali come reazioni allergiche, infarti o ictus e non dall’effetto diretto del veleno.
Il veleno è un mix di proteine con un’azione principalmente emotossica, che altera quindi la coagulazione del sangue. Sono presenti anche neurotossine in grado di interferire con il sistema nervoso, in percentuale variabile in funzione della specie e della geografia.

«Le vipere del Trentino e quelle dell’Appennino Tosco-Emiliano generalmente hanno un veleno più concentrato.» Spiega la dottoressa Francesca Assisi del Centro Antiveleni di Milano. «In ogni caso la risposta al morso è soggettiva, dipende dallo stato di salute della persona e dalla quantità di veleno che ha in quel momento l’animale. Ad esempio è stato studiato come in habitat stressati le vipere abbiano un veleno più concentrato e quindi con rischio di intossicazione maggiore. Se invece la vipera ha appena mangiato è probabile il cosiddetto morso secco, cioè senza veleno».

IL FAMOSO SIERO ANTIVIPERA

Come viene trattato in ospedale il morso di vipera?
Spiega ancora Assisi: «Normalmente per tenere sotto controllo gli effetti del veleno si utilizzano dei farmaci classici. Di solito sono sufficienti cortisone, antibiotici e anticoagulanti nel caso di pazienti anziani, i soggetti più a rischio. Solo in presenza di reazioni sistemiche importanti o se l’edema intorno al morso peggiora si inietta il siero, generalmente non tanto per un concreto pericolo di morte quanto più per ridurre la durata e l’intensità degli effetti del veleno».

Fino agli anni ‘90 il siero era acquistabile in farmacia, ma il rischio di reazioni allergiche era troppo elevato. Si è quindi deciso di ritirarlo.

«Il siero antiofidico, prodotto a partire da anticorpi di capre o cavalli a cui si somministrano piccole dosi del veleno, può dare problemi su soggetti allergici. Questi sono legati alla risposta immunologica e sono più pericolosi del veleno stesso. Per questo non viene più venduto in farmacia ma somministrato da un anestesista in ambiente ospedaliero solo quando è veramente necessario. Anni fa gli escursionisti si portavano le fiale in zaino, rischiando anche di iniettarsi un siero deteriorato per via del cattivo stato di conservazione».

Normalmente per tenere sotto controllo gli effetti del veleno sono sufficienti dei farmaci classici, come cortisone, antibiotici e anticoagulanti

COSA FARE DAVVERO DOPO UN MORSO di vipera

Oggi come strumento di primo soccorso contro i morsi di vipera sono molto popolari gli stimolatori elettrici, venduti come efficaci contro gli agenti emotossici. Ma sono realmente utili? E quali sono le operazioni da fare dopo un morso di vipera?

Dice Assisi: «I presidi elettrici sono utili per le punture di insetto, ma sui morsi di vipera servono a poco. Le cose da fare in caso di morso sono lavare la zona del morso, disinfettarla, bloccare l’arto come se fosse fratturato evitando di muoversi troppo e recarsi immediatamente al pronto soccorso più vicino».

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