Il bisonte europeo, l’ultimo gigante

La storia di declino e rinascita del bisonte europeo, il più grande animale selvatico terrestre rimasto in Europa, sopravvissuto grazie a soli 12 esemplari.

6 minuti | 30 Dicembre 2022

Illustrazioni di Daniela Germani

Ci sono storie che hanno il sapore della vittoria. Storie che se ci guardi dentro vedi il buio dell’estinzione e la tenacia della rinascita. Con la rubrica “Per un pelo”, la naturalista e giornalista scientifica Francesca Buoninconti ci racconterà alcune delle più incredibili storie di animali scampati all’estinzione grazie a visionari progetti di conservazione.

 

In questo quinto appuntamento passeggiamo nella più antica foresta vergine d’Europa, Białowieża, tra Polonia e Bielorussia, per scoprire la storia di declino e rinascita del bisonte europeo (Bison bonasus), il più grande animale selvatico terrestre rimasto in Europa, sopravvissuto grazie a soli 12 esemplari.

 

L’ultimo gigante nel cuore d’Europa

A 70 chilometri a nord di Brest, lungo il confine tra Polonia e Bielorussia, si estende l’antica foresta vergine di Białowieża, oggi patrimonio dell’Unesco. Oltre 3.000 chilometri quadrati di bosco temperato, con querce, frassini, abeti rossi, pini silvestri, carpini e ontani che lasciano il passo ad ampie radure, fiumi e piscine naturali. Białowieża è tutto ciò che resta dell’immensa foresta che migliaia di anni fa si estendeva in tutta Europa. Ospita l’ultimo gigante del nostro continente: il bisonte europeo (Bison bonasus), erbivoro possente che può superare i 900 kg di peso, i 2 metri di altezza al garrese e i 3 metri di lunghezza. 

Nelle prime ore fredde di un mattino primaverile, quando i prati di Białowieża sono ricoperti di brina e il fiato caldo dei bisonti si materializza in nubi di vapore, sembra davvero di essere al cospetto di una creatura mitologica, le cui origini si perdono nella notte del Paleolitico. La stazza e la silhouette inconfondibile del bisonte europeo, con ampio torace e testa ribassata, sono infatti l’eredità dei suoi progenitori, entrambi estinti. Sembra che il bisonte europeo discenda dall’ibridazione naturale fra il bisonte della steppa (Bison priscus) e l’uro (Bos taurus primigenius), antenato dei moderni bovini.

Parente del più famoso bisonte americano (Bison bison), ha subìto la stessa persecuzione: ucciso per la carne, il manto caldo e le corna ricurve, ideali da utilizzare come boccali. Se oggi possiamo ancora vedere i bisonti pascolare a Białowieża ricoperti di fiocchi di neve in inverno, è solo grazie agli sforzi fatti per salvarlo dal baratro dell’estinzione. 

 

L’era della caccia al bisonte

Oggi, tra individui allo stato selvatico e in cattività, si contano oltre 6500 esemplari, di cui circa 800 vivono liberi nella sola Białowieża. Eppure un tempo il bisonte europeo con le sue tre sottospecie – bisonte di pianura (Bison bonasus bonasus), dei Carpazi (Bison bonasus hungarorum) e del Caucaso (Bison bonasus caucasicus) – pascolava nelle pianure e nelle foreste dal Volga al nord della Spagna, dalla Scandinavia e dal sud dell’Inghilterra alla Turchia. 

Nel cuore del Medioevo, dal VIII secolo in poi, però, cominciò il suo rapido declino. A causa della caccia e dell’espansione degli insediamenti umani, questo gigantesco erbivoro scomparve prima dalla Gallia, poi dalla Svezia settentrionale e dall’Inghilterra meridionale e infine dalle Ardenne e dai Vosgi. A nulla valsero le prime leggi medioevali che ne limitavano o proibivano la caccia con multe salatissime. Neanche l’editto promulgato secoli dopo, nel 1538, dal re Sigismondo I Jagellone di Polonia, che introduceva la pena di morte per chiunque cacciasse di frodo il bisonte europeo, servì a molto. L’era della caccia ai bisonti era solo all’inizio.

Nei successivi quattro secoli, a causa della caccia intensiva, il bisonte europeo fu portato sull’orlo dell’estinzione. Oltreoceano, il suo cugino americano non se la passava meglio: dei 60 milioni di capi che pascolavano liberi in Nord America prima dell’800, nel 1900 restavano solo 300 esemplari.

La prima guerra mondiale rischiò di mettere la parola fine alla parabola esistenziale del bisonte europeo. L’ultimo esemplare polacco venne ucciso nel 1919, e dal 1927 non restava più alcun bisonte in libertà. Delle tre sottospecie di bisonti europei, ne erano rimasti meno di 50, tutti nei giardini zoologici e per lo più appartenenti alla sottospecie di pianura.

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Il ritorno del bisonte europeo

Nella metà degli anni Venti del secolo scorso cominciarono i primi programmi di riproduzione in cattività e rilasci controllati. Con i bisonti sopravvissuti negli zoo vennero creati due nuclei riproduttivi. Il primo, costituito da due maschi e cinque femmine, tutti della sottospecie di pianura. Il secondo costituito dall’unico maschio della sottospecie del Caucaso sopravvissuto e da quattro femmine della sottospecie di pianura. A 12 esemplari in tutto venne affidato il destino della specie. E il piano sembrò funzionare sin dal principio: nel giro di un decennio si contavano 100 bisonti. Era il momento di far partire le reintroduzioni. 

Dopo la battuta d’arresto segnata dal secondo conflitto mondiale, nel 1952 i primi esemplari vennero trasferiti in Polonia e in Russia. Da quel momento l’avanzata dei bisonti non si è più fermata. Nel corso degli ultimi 70 anni, grazie a una serie di progetti in tutt’Europa, l’ultimo gigante del nostro continente è stato reintrodotto in Lituania, Lettonia, Ucraina, Slovacchia, Kirghizistan e Francia. Dai primi anni 2000 è arrivato anche in Moldavia, Spagna, Danimarca, Romania, Paesi Bassi, Svizzera e Germania. Nel 2014, poi, grazie al progetto Rewilding Europe, il bisonte europeo è stato reintrodotto anche in Romania. E infine, grazie all’ambizioso progetto Wilder Blean, nel luglio 2022 tre esemplari sono sbarcati anche in Gran Bretagna, dove il bisonte mancava da un migliaio d’anni.

Insomma, in 70 anni di conservazione e interventi mirati, il bisonte europeo è tornato a riconquistare parte del suo areale originario. Oggi il 90% dei bisonti in libertà vive tra Polonia, Russia, Ucraina e Bielorussia, mentre molti altri sono nei centri di riproduzione sparsi in Europa – anche in Italia. Da quei 12 esemplari selezionati negli anni Venti per la più grande impresa di conservazione dei mammiferi europei, oggi si contano oltre 40 mandrie e 6500 esemplari sul suolo europeo. Numeri che hanno fatto rivedere alla IUCN la classificazione della specie: oggi infatti è classificata “prossima alla minaccia”, e non più “vulnerabile”. 

 

Un gigante delicato

Il bisonte europeo è stato salvato dall’estinzione, ma ha attraversato quello che in biologia della conservazione è chiamato collo di bottiglia. Anche se la popolazione è cresciuta, tutti gli esemplari oggi esistenti discendono da quei 12 bisonti degli anni Venti. Hanno quindi un corredo genetico molto limitato: questo li rende estremamente vulnerabili a malattie comuni come l’afta epizootica o in caso di epidemie. Anche per questo, per evitare un rapido declino della popolazione così faticosamente ricostituita, i ricercatori mirano alla creazione di mandrie separate tra loro e dislocate nei Paesi dell’areale storico della specie. 

Le aree riconquistate, nonostante possano sembrare ampie, sono ancora puntiformi: il lavoro di reintroduzioni per riportare il bisonte europeo al suo antico ruolo di dominatore dei pascoli naturali quindi non è ancora finito. Questa specie ha infatti una funzione ecologica fondamentale nel regolare l’avanzata del bosco e preservare le aree aperte. Quasi un quarto della sua dieta è costituito da fogliame, che viene prelevato per lo più sradicando le piccole plantule. In questo modo, il bisonte europeo funge da ingegnere dell’ecosistema. È un “controllore dell’avanzamento del bosco” e “garante delle radure” che punteggiano le foreste, e contribuisce alla tutela della biodiversità forestale.

Inoltre, il bracconaggio è ancora una minaccia per questo gigante erbivoro. E una nuova minaccia si è palesata da febbraio 2022: lo scoppio della guerra in Ucraina ha innescato nuovi problemi di conservazione in uno dei territori più idonei per il bisonte europeo, già martoriato dalla guerra nel Donbass. Proprio in Ucraina, infatti, la popolazione di bisonti si è dimezzata in soli 10 anni a causa degli abbattimenti illegali (nel 2019 si contavano 240 esemplari, oggi in diminuzione).

 

Nuove speranze

Nel luglio 2022, grazie al progetto Wilder Blean, tre femmine di bisonte europeo sono state rilasciate nella campagna del Kent, in Gran Bretagna. È stato il primo grande passo per riportare il gigante d’Europa nell’ultimo territorio da cui mancava da migliaia di anni. Il progetto infatti prevede anche l’arrivo di un esemplare maschio dalla Germania nei prossimi mesi, per provare a ricolonizzare 200 ettari tra le foreste di West Blean e Thornden, nei pressi di Canterbury, creando corridoi ecologici a misura di bisonte.

A luglio, però, nessuno poteva immaginare quello che sarebbe successo di lì a un paio di mesi. Il 9 settembre 2022, mentre il paese era in lutto per la scomparsa della regina Elisabetta II, una delle tre femmine ha dato alla luce una piccola “bisontina”: la prima sul suolo inglese dopo migliaia di anni. Nessuno sapeva che una delle tre femmine sbarcate oltre la Manica fosse incinta, nemmeno i ranger impegnati nel progetto. E questo fiocco rosa inaspettato regala nuove speranze per il futuro del bisonte europeo.

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    Daniela Germani è geologa specializzata in paleontologia e illustratrice appassionata di tematiche naturalistiche e ambientali.
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    Francesca Buoninconti è naturalista e giornalista scientifica. È nella redazione di Radio3 Scienza, il quotidiano scientifico di Radio3 Rai, e racconta la zoologia ai ragazzi su Rai Gulp per La Banda dei FuoriClasse. Scrive di scienza, natura e clima per varie testate, tra cui “Il Bo Live” e “Il Tascabile”. È autrice di “Senza confini. Le straordinarie storie degli animali migratori” (2019) e “Senti chi parla. Cosa si dicono gli animali” (2021), entrambi pubblicati da Codice Edizioni.

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