Il murales è lungo cento metri e alto sei. Si trova in una città d’arte, Venezia. Non è un atto di vandalismo, anche se copre un palazzo proprio sul Canal Grande, ma è un’opera d’arte; anzi, di arte e di scienza. Si tratta di una impresa unica nel suo genere, considerate le regole rigidissime di protezione e conservazione dei palazzi veneziani. Eppure Andreco è riuscito a fissare in modo indelebile, usando comunque pigmenti naturali a basso impatto ambientale, il suo messaggio ambientalista rappresentando, tra formule matematiche e onde estreme che si fanno arte, l’innalzamento del livello medio del mare provocato dal surriscaldamento globale da qui al 2200.
Andreco (Andrea Conte) è impegnato da vent’anni in ricerche interdisciplinari tra scienza, sostenibilità ambientale, attivismo, urbanistica, antropologia, ecologia, filosofia e simbolismo. Si occupa anche di tecnologie verdi e soluzioni basate sulla natura per la sostenibilità urbana in collaborazione con la Scuola di Ingegneria e Architettura dell’Università di Bologna e la Columbia University di New York. La sua ricerca artistica è incentrata sul rapporto tra uomo e natura e tra l’ambiente costruito e il paesaggio naturale e ha sempre posto grande enfasi sulla destinazione delle sue opere, per sostenere buone pratiche ambientali e combattere il greenwashing.
L’opera apparsa nel cuore di Venezia è parte del Climate Art Project, uno dei suoi progetti sulle azioni per il clima. L’obiettivo del progetto, composto da una serie di interventi svolti in diverse città del mondo, è quello di aumentare la consapevolezza sul riscaldamento globale e diffondere soluzioni basate sulla natura per l’adattamento e mitigazione del cambiamento climatico.
«La ricerca scientifica e quella artistica utilizzano metodi e linguaggi differenti, ma hanno in comune la volontà di rendere visibile l’invisibile e mostrare possibili futuri». Di questo parla spesso l’artista-scienziato nel ciclo di presentazioni che ha chiamato Future Climate. «Il metodo scientifico è rigoroso, fatto di esperimenti verificati e riproducibili, quello artistico è libero, a volte funziona per associazioni visive, non per forza razionali, tanto meno riproducibili», dice Andreco. «Tuttavia l’intuizione è un elemento comune alle due ricerche. L’artista può fornire un punto di vista altro al lavoro dello scienziato, partendo dai dati scientifici può fare un salto nell’immaginifico, nella visione. Questo perlomeno è quello che tento di fare nel mio lavoro».