Il virus viene trasmesso per via respiratoria e con i feti e le membrane fetali. Per questo motivo, alla base della diffusione vi sono i contatti ravvicinati e, soprattutto, le contaminazioni ambientali e di materiali e utensili di scuderia. «Proprio la trasmissione indiretta risulta essere la più subdola», racconta Giovagnoli, «poiché per contrarre l’infezione è sufficiente che un cavallo annusi un oggetto o una superficie contaminata da un portatore (compresi i paucisintomatici e gli asintomatici)». La contaminazione può passare attraverso oggetti inanimati (finimenti, materiale di scuderia, secchi, coperte, abiti delle persone che sono state in contatto con un altro cavallo), ma anche le mani degli operatori o anche altri vettori passivi.
L’evento di Valencia ha dimostrato come anche il trasporto dei cavalli da competizione possa essere vettore della malattia: come sottolineato da
un documento informativo della FISE, van e rimorchi su cui hanno viaggiato i cavalli infetti possono essere contaminati dal virus e così trasmettere la malattia ad altri animali. È quindi fondamentale curare l’igiene sia delle scuderie sia dei mezzi di trasporto. I viaggi possono essere fonte di stress per gli animali da competizione, e non è escluso che questo porti a un abbassamento delle difese immunitarie dei cavalli nei confronti di EHV-1. Non bisogna però temere uno
spillover: la malattia è
specie specifica e quindi non è trasmessa ad altri animali, compreso l’essere umano. La FEI e la FISE hanno emanato delle buone pratiche di igiene e di biosicurezza efficaci per ridurre la diffusione dell’epidemia.
La situazione attuale, in cui la pandemia di COVID-19 sta ancora influendo in maniera significativa sulla nostra quotidianità, potrebbe aver aumentato la nostra attenzione nei confronti di questa epidemia, come osserva Giovagnoli: «Probabile che il periodo storico che stiamo vivendo possa aver influenzato anche l’aumento della percezione del rischio per altre forme virali e, di conseguenza, anche di quella di cui stiamo parlando. Tuttavia, un aumento di consapevolezza non può che migliorare la gestione in sicurezza delle scuderie, dell’allevamento equino e delle attività equestri». Insomma, il peggio sembra essere passato ma bisognerà comunque tenere gli occhi ben aperti in futuro, per evitare nuove epidemie e garantire il benessere degli animali coinvolti.