Sono passati 20 anni da quel terribile giorno, il 26 Dicembre del 2004, Santo Stefano. Alle 7:58 del mattino, la crosta terrestre nel fondo dell’Oceano Indiano si ruppe lungo una linea di 1200 km e generò un terremoto sottomarino devastante. Con una magnitudo di circa 9, è una delle scosse più forti mai registrate in tempi storici. L’intero pianeta tremò e il fondo dell’oceano si sollevò di 5 metri. E questo generò enormi onde di tsunami che uccise più di 220.000 persone in Sri Lanka, Thailandia, Indonesia, India e in altri nove Paesi dell’Oceano Indiano. Solo a Sumatra le vittime furono 170.000 (con 50.000 dispersi).
Quando visitai la regione, dieci anni dopo l’evento, con lo scopo di comprendere se una decade era bastata per rendere più resiliente le comunità costiere in Indonesia, e nell’Oceano Indiano, venni a conoscenza della storia della piccola isola di Simeulue. L’isola di 78.000 abitanti si trova a 60 chilometri dall’epicentro del terremoto fu colpita dallo tsunami appena 15 minuti dopo il sisma, ma ci furono solo 7 vittime. A Banda Aceh, dove l’onda arrivò dopo 45 minuti, le vittime si contarono a decine di migliaia.
A Simeulue la gente era preparata allo tsunami. A Banda Aceh non lo erano. In nessuno dei due luoghi c’erano sistemi di allerta tecnologici o di altro genere. Cioè sì, a Simeuleue c’era un sistema di allerta probabilmente frutto di un grosso tsunami che accadde nel 1907.
Qual era la ricetta segreta per la sopravvivenza dei pescatori di Simeulue? In una parola: smong. Smong (che significa tsunami nell’idioma locale) non ha nulla a che fare con la tecnologia moderna o con programmi governativi avanzati per la mitigazione del rischio. Fa parte della cultura indigena di Simeulue.
Una canzone per prepararsi allo tsunami
Smong è una sorta di insegnamento tramandato attraverso canzoni, brevi poesie, ninne nanne e storie in cui il maremoto è associato a un messaggio chiaro. La canzone è strutturata in modo quasi scientifico, seppure tramandato dai nonni ai nipoti. In una prima parte si spiega il fenomeno, poi si accennano ai segnali premonitori, e poi si dice come agire: quando il mare si comporta in modo strano, quando la natura lancia segnali d’allarme, è necessario fuggire in salita, verso l’alto (e non come istintivamente ancora molti oggi tendono a fare, in orizzontale, lungo le strade verso l’interno). La canzone invita a non fare domande, non guardare indietro, cercare riparo in luoghi elevati.
Fui molto colpito da questa strategia di riduzione del rischio. E gli stessi scienziati locali credono che sia una grande opportunità, specialmente in un Paese dove mancano risorse economiche per costose e complicate infrastrutture per l’emergenza.
Di seguito una traduzione in italiano del testo della canzone, che pubblichiamo in occasione del ventennale dall’evento (qui il testo in inglese).
Ascoltate questa storia
un giorno nel passato
un villaggio stava affondando
che quello che è stato raccontato
a partire dai terremoti
seguito da un’onda gigante
l’intero paese stava sprofondando
immediatamente
se il forte terremoto
seguito dall’abbassamento dell’acqua del mare
per favore trovate in fretta
un luogo più alto
si chiama Smong
una storia del nostro antenato
ricordate sempre
il messaggio e le istruzioni
Smong è il tuo bagno
Terremoti è il tuo letto a dondolo
il temporale è la tua musica
la luce del tuono è la tua lampada
Scienza e conoscenze indigene
Nei media la storia è stata tradotta in un aneddoto di successo di una piccola ma robusta comunità di pescatori che, isolata dalla terraferma, aveva sviluppato un piano di emergenza basato sulle conoscenze indigene. I media l’hanno talvolta presentata come l’isola miracolosa, o l’isola salvata dal folklore, o i pescatori salvati da una conoscenza istintiva. Fine della storia: istinto, folklore, miracolo. È una storia suggestiva e commovente di una piccola comunità isolata e profondamente legata alla natura.
La storia di Simeulue è stata quindi ampiamente riportata dai media. Ma c’è della scienza dietro agli insegnamenti del poema che potrebbero essere estratti e utilizzati in futuro, qualcosa che spesso sfugge all’attenzione dei media. A dieci anni dallo tsunami, gli scienziati stanno ora svelando il meccanismo di questo tipo di conoscenza. L’intento è quello di trasferire le conoscenze indigene nella scienza e da qui nella pratica della mitigazione dei rischi.
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