A coordinare l’intero progetto è Inger Leemans, ricercatrice della Royal Netherlands Academy of Arts and Sciences di Amsterdam, dove in passato erano già stati sviluppati alcuni progetti pilota sull’olfatto, in collaborazione con i musei e con l’industria dei profumi. «Il bando Horizon 2020 DT-Transformations è arrivato al momento giusto: chiedeva nuove soluzioni per rendere più tangibili le collezioni digitali del patrimonio artistico europeo. Abbiamo pensato che l’olfatto e gli odori fossero il tema perfetto da proporre, in quanto sia tangibili che intangibili. Lo studio del patrimonio olfattivo può aiutarci a trovare narrazioni europee condivise, che travalicano i confini nazionali e attraversano il tempo. Abbiamo radunato un consorzio di esperti che ci aiutassero a combinare diverse metodologie: computer vision, text mining, web semantico, storia culturale, storia dell’arte, scienza del patrimonio e museologia olfattiva», spiega Inger Leemans, «L’odore è una parte fondamentale della nostra vita quotidiana, cruciale per il nostro benessere, e profondamente connesso ai nostri ricordi e al senso del luogo. Odeuropa si immerge nelle collezioni e negli archivi digitali per scoprire i profumi chiave e le narrazioni olfattive dell’Europa, e riportarle ai nostri nasi oggi. Vogliamo dimostrare che un impegno critico rivolto al nostro olfatto e al nostro patrimonio olfattivo sia un modo concreto per consolidare e promuovere il patrimonio culturale tangibile e intangibile dell’Europa».
«Gli storici culturali aiuteranno a interpretare i profumi chiave, i nasi, gli spazi profumati e le comunità olfattive dei secoli precedenti e le storie di odori e profumi in diversi contesti del patrimonio culturale. Tutto ciò sarà poi presentato in un catalogo online del patrimonio olfattivo. Il nostro team indagherà su come possiamo salvaguardare e ricostruire gli odori di questo patrimonio, aiutare i musei a curare alcuni aspetti legati alla sensazione olfattiva, in modo che le generazioni future possano fruirne», racconta Leemans, «tra gli obiettivi chiave ci sarà quello di impegnarsi strettamente con i professionisti delle collezioni nel settore GLAM [acronimo dall’inglese Galleries, Libraries, Archives and Museums, ovvero qualsiasi istituzione che conservi opere, documenti, libri. n.d.a.] per spiegare la rilevanza dei profumi e delle esperienze sensoriali e per fornire loro formazione e buone pratiche, togliendo le preoccupazioni e le ansie esistenti intorno alla narrazione sensoriale nei musei. Un ulteriore obiettivo chiave sarà la preparazione di una serie di raccomandazioni per i responsabili politici e i mediatori del patrimonio culturale europeo su come salvaguardare e promuovere questo nostra memoria immateriale».
Le informazioni associate [all’odore di tabacco] spiegano alcuni dettagli legati alla storia europea, ai traffici e al suo utilizzo in società.
Il giudizio nei confronti di un odore può avere un andamento variabile lungo la storia. «È il caso dell’odore di tabacco», spiega Tonelli, «quando era stato introdotto in Europa, il tabacco era ritenuto un odore esotico, apprezzato come una gradevole novità. Decenni dopo, l’odore di tabacco era diventato parte di una normale quotidianità, e quindi era privo di una accezione esotica. Infine, gradualmente prende una accezione negativa, fino a essere oggi considerato una puzza, al punto da essere eliminato sempre più dalle situazioni sociali» riassume Tonelli, «si tratta di un odore che ha avuto una traiettoria. Le informazioni associate a esso spiegano alcuni dettagli legati alla storia europea, ai traffici legati al tabacco e al suo utilizzo in società».
Iscriviti alla Newsletter di RADAR
Potrai partecipare alla crescita del nostro magazine e riceverai contenuti extra
Anna D’Errico è una neuroscienziata, esterna al progetto Odeuropa, con una lunga esperienza come ricercatrice presso la Goethe-Universität di Francoforte, divulgatrice e autrice dell’incantevole saggio Il senso perfetto – mai sottovalutare il naso, edito da Codice.
D’Errico spiega che «riprodurre in maniera esatta un odore del passato è impossibile per varie ragioni. Gli odori sono fatti da molecole, sprigionate dai corpi, dalle piante e da molte altre cose. Per esempio, un fiore produce un determinato odore, costituito da molte molecole diverse. Il fatto che quel fiore produca quel determinato insieme di molecole dipende da tanti fattori, tra cui il clima e la zona in cui è cresciuto. È un po’ come il concetto del terroir dei vini. Sia gli odori del passato che quelli del presente sono influenzati da un insieme di fattori unici nel tempo. In più anche i metodi di estrazione degli oli essenziali per produrre dei profumi dalle materie prime usate in profumeria, cambiano nel tempo. C’è una varietà infinita di fattori che influenzano la materia che una persona annusa».
La materia originale muta nel tempo. Nel frutteto della collezione della Fondazione Archeologia Arborea, nella tenuta di San Lorenzo di Lerchi a Città di Castello sono coltivate circa 150 varietà antiche di piante da frutta, introvabili nella grande distribuzione, ognuna con un profumo peculiare. La collezione è stata composta negli ultimi trent’anni, grazie a un lavoro di ricerca in giardini parrocchiali, ville padronali, orti di monasteri, trovate consultando vecchi manuali di agricoltura, antiche carte e la toponomastica del territorio regionale.
Il processo olfattivo e le risposte comportamentali avvengono a diversi livelli nell’organismo. A oggi, non è ancora possibile predire una sensazione odorosa basandosi sulla struttura chimica dell’odorante. È anche per questo motivo che la classificazione del patrimonio olfattivo risulta spigolosa. Spesso, come citato nei metodi di misura delle emissioni olfattive di ISPRA, gli odori possono essere classificati in base alla loro qualità. Diversi studi sono stati condotti per cercare di creare una scala. Una delle più note è quella proposta da Hendrik Zwaardemaker nel 1925, e distingue nove classi di odori: etereo (frutta), aromatico (chiodi di garofano), balsamico (fiori), ambrosio (muschio), agliaceo (cloro), empireumatico (caffè tostato), caprilico (formaggio), repellente (belladonna), fetido (corpi in decomposizione).
Nel corso della peste del Seicento, ci sono testimonianze di città che emanavano un caratteristico odore di aceto e rosmarino.
È anche partendo dalla letteratura scientifica del passato, quindi, che è possibile apprendere la caratura e le vie multiformi del nostro patrimonio olfattivo. «Uno degli ambiti che studiamo è quello della letteratura medica. Una volta si pensava che le malattie si potessero trasmettere attraverso i miasmi. Si utilizzavano essenze per tenere lontano questi odori, anche in chiave preventiva», sottolinea Sara Tonelli, «le classi sociali più abbienti bruciavano gli incensi; i più poveri usavano il rosmarino e l’aceto. Nel corso della peste del Seicento, ci sono testimonianze di città che emanavano un caratteristico odore di aceto e rosmarino. I futuristi esaltavano l’industria, sinonimo di modernità, e anche i suoi odori, visti con una accezione positiva. Viceversa, nella Londra di Charles Dickens, già inquinata, si parlava di certi odori per indicare la miseria e il malessere delle persone».
L’olfatto è fondamentale per la nostra quotidianità e per il nostro benessere. La pandemia ha mostrato gli effetti disorientanti e demoralizzanti della perdita dell’olfatto sulla vita delle persone. Ha anche reso evidente che possiamo perdere gli odori che incontriamo ogni giorno. «Data l’importanza dell’odore, la sua assenza dalla nostra comprensione del passato è sorprendente. Le nostre storie, i musei e i siti che raccolgono il nostro patrimonio sono stati troppo spesso incentrati sul visivo: oggetti visti attraverso teche di vetro, dipinti solo da guardare, e interni storici che non possiamo toccare», riflette Inger Leemans, «l’integrazione dell’odore permette alle persone di rapportarsi in modo più intimo e creativo con il passato. Gli odori sono profondamente soggettivi – tutti noi abbiamo ricordi particolari e storie personali su di essi – e così il patrimonio olfattivo è un’opportunità unica per unire la memoria personale e quella storica».