Se il paesaggio marino cambia

Transizione energetica e senso di responsabilità. Il progetto per la costruzione di un parco eolico al largo di Rimini si inserisce nel dibattito sui nuovi paesaggi dell’energia.

10 minuti | 9 Ottobre 2020

Testi di Gianluca Liva
Fotografie di Elisabetta Zavoli
La transizione energetica – il passaggio dall’utilizzo di fonti energetiche non rinnovabili a fonti rinnovabili — è parte di un percorso di cambiamento ampio, elaborato e necessario. Gli impianti eolici offshore, realizzati in mare, sono tra i sistemi di produzione energetica da fonte rinnovabile considerati più promettenti. Impianti di questo tipo sono già operativi al largo delle coste del Regno Unito o della Germania. Nel nostro paese, invece, lo sviluppo dell’eolico offshore è ancora in una fase germinale. Siamo al principio di una trasformazione che investe una miriade di aspetti — sociali, ambientali, storici e paesaggistici — e che implica un’assunzione di nuove responsabilità. La proposta per la realizzazione di una centrale eolica di fronte alla costa tra Rimini e Cattolica ha avviato un dibattito che racchiude molti degli elementi di difficoltà che contraddistinguono l’evoluzione verso un futuro sostenibile.

Il progetto va inquadrato nel Piano Nazionale Integrato Energia e Clima, secondo cui l’eolico offshore rientra tra le nuove tecnologie innovative e si pone come obiettivi minimi di crescita l’installazione di 300 megawatt nel 2025 e di 900 megawatt nel 2030. A farsi carico dell’intera operazione che potrebbe portare alla realizzazione del parco eolico offshore di Rimini è ENERGIA Wind 2020 Srl, una società di scopo i cui soci sono attivi da lungo tempo nel mercato dell’energia rinnovabile e nel settore dei servizi energetici. L’idea di un parco eolico offshore è nata tra il 2006 e il 2007, quando la Provincia di Rimini, in accordo con Regione Emilia-Romagna, ha iniziato un’attività di studio sulla valorizzazione dell’energia eolica nelle aree marine provinciali.

Nel 2010, ENERGIA Wind 2020 Srl, in qualità di partner convenzionato, ha installato uno strumento LIDAR — un anemometro laser per rilevare velocità e direzione del vento — sulla piattaforma ENI denominata “AZALEA B”, distante circa 15 chilometri dalla costa riminese. Si è trattato della prima misurazione in mare aperto finalizzata allo sviluppo di un parco eolico offshore. Ha così avuto inizio uno studio di fattibilità su tutto il tratto di mare romagnolo, uno spazio già contraddistinto da un grande numero di attività antropiche.

La porzione di mare Adriatico che si affaccia sulla costa che da Ravenna scende fino a Pesaro, è infatti caratterizzata da una serie di aree di pescicoltura, condotte, concessioni e piattaforme ENI. Di conseguenza, l’individuazione dell’area candidata a ospitare un parco eolico è stata molto complessa e si è avvalsa anche di uno studio della Regione Emilia Romagna dal titolo “Tra la terra e il Mare”, concepito come studio preparatorio per la Pianificazione dello spazio marittimo. Il 30 marzo 2020 la società Energia Wind 2020 Srl, ha presentato istanza presso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT) per ottenere l’Autorizzazione Unica per la realizzazione e l’esercizio della centrale eolica offshore “Rimini” e opere connesse. Allo stesso tempo, la società ha inoltrato la richiesta di Concessione Demaniale Marittima e ha depositato il progetto preliminare presso il MIT, il Ministero dello Sviluppo Economico (MISE), il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM). Il progetto preliminare firmato da Daniela Moderini e Giovanni Selano, architetti esperti in progettazione paesaggistica, urbanistica e architettonica di infrastrutture e impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, prevede diverse alternative di layout e uno studio di prefattibilità ambientale.

Al momento è in corso la fase relativa alla valutazione tecnica preliminare per valutare se l’area di progetto proposta possa essere oggetto di concessione demaniale. Qualora l’area fosse ritenuta idonea, la società proponente dovrà passare a alla vera e propria Valutazione di Impatto Ambientale (VIA), che verrà redatta sulla base di un progetto definitivo.

Rimini, layout del progetto di Parco Eolico. Elaborato del progetto preliminare di ENERGIA Wind 2020 Srl.
Il progetto preliminare prevedeva la costruzione di 59 torri con pale eoliche, ora già ridotte a 51, capaci di generare una potenza di 330 megawatt. In questa prima fase è stata indicata un’area molto grande che non rappresenta, però, la reale area che verrà chiesta in concessione. L’intero impianto eolico, infatti, non è progettato per costituire una sorta di areale: un raggruppamento ordinato, disposto su linee parallele e perpendicolari, statico e ingombrante alla vista. Nella proposta preliminare, le turbine (distanti 680 metri l’una dall’altra), disegnano archi morbidi che tendono in direzione del mare aperto.

«Quello che noi abbiamo indicato è un’area molto grande su cui fare tutti i ragionamenti del caso. Non abbiamo fatto un progetto preliminare rigido; ma consideriamo tutte le varianti, fra cui quelle tecnologiche», racconta Daniela Moderini, responsabile del progetto, «eravamo partiti valutando turbine da 5 o da 6 megawatt ma già nell’ultima versione del progetto consideriamo nuove turbine da 6,45 megawatt. Siamo sicuri che alla fine del procedimento si potrebbe ridurre ancora il numero di pale. Fino a pochi anni fa la ricerca tecnologica sulle turbine offshore si svolgeva tenendo in considerazione le condizioni meteorologiche e climatiche del nord Europa. Ora invece la produzione si sta orientando anche verso modelli adatti per il contesto del mare Mediterraneo».

Rimini, rendering del progetto di Parco Eolico. Elaborato del progetto preliminare di ENERGIA Wind 2020 Srl.

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Fermo restando che qualsiasi valutazione debba essere fatta sulle informazioni raccolte in fase di Valutazione d’Impatto Ambientale svolte sul progetto definitivo; le analisi preliminari d’impatto forniscono indicazioni rassicuranti sotto molti aspetti. La cittadinanza, le istituzioni, e le associazioni ambientaliste guardano con interesse agli sviluppi. Il dibattito, però, è cominciato ed emergono già alcuni pareri contrari. Lo scontro — in assenza di dati raccolti in maniera scrupolosa a partire da un progetto definitivo — verte quasi sempre su un unico tema: l’eventuale modifica del paesaggio.

Secondo Daniela Moderini, «la transizione energetica implica necessariamente una assunzione di responsabilità».

L’impatto paesaggistico degli impianti eolici è da tempo oggetto di discussione. Nel caso delle installazioni offshore la questione si fa ancora più complicata e si aggiunge al grande tema dei cosiddetti nuovi paesaggi dell’energia, dove il luogo di produzione si distanzia poco dal luogo di consumo. Siamo sempre stati abituati a nascondere il nostro “peccato”; a occultare il più possibile le infrastrutture produttive che hanno contraddistinto il nostro recente passato. Le pale eoliche, al contrario, spiccano evidenti e dipingono un nuovo orizzonte. C’è chi definisce la presenza di un impianto eolico “un compromesso”. È un termine che implica un’accettazione fatta controvoglia. Gli impianti eolici offshore — quando realizzati in armonia con l’ambiente e con la società — dovrebbero invece essere considerati come simbolo di responsabilizzazione.

Secondo Daniela Moderini, infatti, «la transizione energetica implica necessariamente una assunzione di responsabilità. Le fonti rinnovabili fanno parte di un insieme, dal fotovoltaico sul tetto al grande impianto eolico. Tutto implica una trasformazione del paesaggio che è insita in questa transizione. Nel momento in cui queste trasformazioni sono necessarie, bisogna lavorarci anche concettualmente. Non è solo una transizione tecnica, un “cambiare tutto per non cambiare niente”: è una transizione anche culturale. Questo senso di responsabilità deve entrare nella percezione della gente».

L’attuale dibattito sull’impatto paesaggistico dell’impianto eolico deve raggiungere quanto prima la profondità necessaria per condurre a scelte ragionate. Da qualche tempo si parla di seascape, termine inglese che enfatizza la dinamicità del paesaggio marino. «Il mare, le onde, le nuvole e le pale eoliche sono in movimento. Considerare solo la distanza dalla costa per valutare l’impatto visivo di un impianto eolico è un errore: non è detto che, se collocato più lontano, sia meno visibile. Certi impianti strutturati a cluster fanno sì che, se visti da lontano, appaiano come un muro», spiega Daniela Moderini, «noi abbiamo scelto di lavorare su archi molto distanti tra loro, circa quattro chilometri, che si percepiscono come elementi lineari e morbidi. Al momento, però, si parla spesso di paure derivate da percezioni soggettive, senza che ci sia un approfondimento».

Rimini, spiaggia antistante il tratto di mare interessato dal progetto di Parco Eolico, al termine della stagione turistica 2020. Foto di Elisabetta Zavoli per RADAR Magazine.
Che lo si ritenga un marchio di sostenibilità, oppure un danno irrimediabile al paesaggio adriatico, la proposta del parco eolico offshore a Rimini si colloca all’alba del futuro energetico che verrà. «Un tempo, anche quando hanno costruito le piattaforme ENI, c’erano molte meno possibilità di informarsi e avviare un dibattito pubblico. Oggi, per fortuna, non è così. Tuttavia, al momento, sembra che si ricada ancora in una protesta NIMBY (dall’inglese, “not in my back yard”), per cui alcuni si oppongono alla realizzazione di un’opera sul proprio territorio ma, al contempo, non avrebbero nulla da ridire se la facessero da qualche altra parte», commenta Marco Affronte, politico, ex europarlamentare e sostenitore del progetto, «nei dibattiti ho sentito che siamo tutti consapevoli dell’emergenza climatica; che l’unica strada è passare al 100% alle rinnovabili, però non qui. Perché non dovremmo essere noi il primo territorio che fa uno sforzo e si assume la responsabilità ambientale, paesaggistica e sociale della transizione energetica?».

Le conseguenze di quello che sta succedendo nel mondo sono troppo gravi per non fare delle azioni che vadano nella direzione giusta.

La scelta di adesso ricadrà — inevitabilmente — sul nostro futuro. Se l’impianto dovesse essere realizzato, è impossibile prevedere cosa penseranno i nostri posteri, quando passeggeranno su lungomare di Rimini e volgeranno lo sguardo all’orizzonte. Oggi, però, siamo tutti ben consapevoli degli errori del passato, a volte frutto di un dibattito pubblico superficiale, quando non del tutto assente. Sono errori che nessuno vorrebbe ripetere.

«Io percepisco la ferita che viene imposta al mare con l’installazione delle turbine, ma l’accetto», chiarisce Affronte, «le conseguenze di quello che sta succedendo nel mondo sono troppo gravi per non fare delle azioni che vadano nella direzione giusta. La responsabilità la sento sia verso il mare che verso le nuove generazioni. Quando, nel futuro, guarderò all’orizzonte dalla spiaggia, saprò di avere dato una mano e ricorderò che con le discussioni di questo periodo siamo riusciti a orientare le scelte per garantire un futuro sostenibile alla specie umana».

Rimini, tratto di mare interessato dal progetto di Parco Eolico, al termine della stagione turistica 2020. Foto di Elisabetta Zavoli per RADAR Magazine.

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