Lasciamo ogni giorno tracce che rimangono “fossilizzate” a testimoniare i processi artificiali dell’Antropocene. Così, mentre i processi naturali determinano la fossilizzazione di resti e tracce di vita di organismi animali e vegetali nei sedimenti e nelle rocce, quelli che definiamo fossili urbani ci raccontano abitudini e gesti della quotidianità umana, urbana e industriale.
FOSSILE: In geologia, ogni resto o traccia di organismo animale o vegetale conservato negli strati della crosta terrestre, vissuto in epoca anteriore a quella attuale. Sono fossili anche le tracce e impronte lasciate in sedimenti non ancora consolidati, nonché i fori dovuti all’azione di animali perforanti (Fonte: Treccani).
FOSSILE URBANO: Ogni prodotto dell’attività dell’uomo nelle città contemporanee, resto o traccia della produzione e del consumo, che rimane intrappolato nell’asfalto, il suolo delle città.
Fossili urbani è una serie di immagini in cui scienza e fotografia confluiscono in maniera ironica e giocosa. La serie riflette su parallelismi, analogie e contrapposizioni che si possono stabilire tra i fossili e i fossili urbani, in riferimento alle modalità della loro creazione, gli ambienti in cui si possono trovare, l’origine dei materiali che li costituiscono e in cui si realizza il processo di “fossilizzazione”.
Intorno a queste immagini si possono sviluppare riflessioni legate alla ricerca scientifica e ai problemi ambientali. In particolare, alla questione dei rifiuti, ai temi del consumo e del consumismo, del modo di vivere, organizzare e osservare lo spazio, della rapidità crescente che regola i tempi della nostra vita e del nostro rapporto con gli oggetti, con la natura e con il mondo in generale.
«Solo ad alcuni frammenti degli organismi che attualmente popolano i continenti e gli oceani toccherà in sorte di essere fossilizzato, e quindi “eternato”, nel registro stratigrafico, diventando oggetto di studio dei paleontologi del futuro» (da Fossili dell’Antropocene, l’era dell’uomo. Francesca Lozar e Massimo Bernardi).
Cellulari e altre metafore
La serie si è ampliata negli anni – nonostante la mia ricerca fotografica si sia mossa poi su terreni e binari stilistici un po’ diversi – acquisendo con il passare del tempo sviluppi e sfumature concettuali ulteriori. In una fotografia del 2008, per esempio, si vede una parte di un noto modello di telefono cellulare, molto diffuso prima dell’arrivo degli smartphone. Oggi quel modello sembra quasi antico, totalmente obsoleto: un relitto di un’epoca ormai lontana.
Fossili urbani vuole metterci davanti a due importanti domande: quali saranno i fossili (fisici e metaforici) che stiamo lasciando? Cosa e come sopravviverà tutto ciò che stiamo producendo?
Intorno alla serie fotografica si è sviluppato il progetto Fossili Urbani. Riflessioni semi-serie sui processi di fossilizzazione, in collaborazione con i paleontologi e geologi Massimo Delfino, Francesca Lozar e Marco Giardino del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Torino. Il progetto include un libro con foto, saggi di scienziati e curatori e attività didattiche, una mostra itinerante in musei di scienze e storia naturale, una serie di concorsi fotografici.
«Solo ad alcuni frammenti degli organismi che attualmente popolano i continenti e gli oceani toccherà in sorte di essere fossilizzato, e quindi “eternato”, nel registro stratigrafico, diventando oggetto di studio dei paleontologi del futuro» (da Fossili dell’Antropocene, l’era dell’uomo. Francesca Lozar e Massimo Bernardi).
«Secondo un numero sempre maggiore di studiosi, l’impatto delle attività umane è destinato a rimanere per sempre impresso nella “memoria” del nostro pianeta sotto forma di rocce e fossili (in particolare tracce fossili) prodotti dall’uomo» (da Fossili dell’Antropocene, l’era dell’uomo. Francesca Lozar e Massimo Bernardi).
«Ogni anno vengono prodotte 1600 milioni di tonnellate di asfalto, 3400 miliardi di tonnellate di cemento e vengono movimentati sedimenti pari a 3 volte quelli trasportati naturalmente da fiumi e torrenti» (da Fossili dell’Antropocene, l’era dell’uomo. Francesca Lozar e Massimo Bernardi).
LEGGI ANCHE: Cosa rimarrà in futuro della montagna di manufatti che produciamo?
«Strade e palazzi, integri o ridotti a macerie, costituiranno con tutta probabilità una delle più durevoli evidenze geologiche dell’Antropocene» (da Fossili dell’Antropocene, l’era dell’uomo. Francesca Lozar e Massimo Bernardi).
«Questi tecnofossili sono il nuovo orizzonte di interesse dei geologi e degli (ossimorici) “paleontologi dell’attuale”» (da Fossili dell’Antropocene, l’era dell’uomo. Francesca Lozar e Massimo Bernardi).
«La produzione di sostanze chimiche industriali, dai pesticidi ai ritardanti di fiamma, dai radionuclidi associati alle esplosioni nucleari ai prodotti dell’industria petrolifera, ha portato a significative perturbazioni dei cicli biogeochimici, dall’effetto serra all’acidificazione degli oceani» (da Fossili dell’Antropocene, l’era dell’uomo. Francesca Lozar e Massimo Bernardi).
«Già rilevate nei sedimenti in accumulo oggigiorno, i picchi nella concentrazione di [sostanze chimiche industriali] potrebbero essere usati dai geologi del futuro per riconoscere l’inizio dell’Antropocene» (da Fossili dell’Antropocene, l’era dell’uomo. Francesca Lozar e Massimo Bernardi).
«Indipendentemente dall’opportunità o meno di definire una data esatta per l’inizio dell’età dell’uomo, il dibattito attorno al concetto di Antropocene, un argomento trasversale alle scienze umane e alle scienze “dure”, è testimone della recente consapevolezza dell’impatto che Homo sapiens ha su processi di magnitudine infinitamente maggiore rispetto a quelli in cui interviene ogni altra specie» (da Fossili dell’Antropocene, l’era dell’uomo. Francesca Lozar e Massimo Bernardi).
«Stiamo peraltro già producendo strati di cemento, detriti di asfalto o il “plastiglomerate” (una roccia antropogenica costituita di plastica, sabbia e legno di recente identificata sui fondali al largo delle Hawaii), evidenze che con tutta probabilità permetteranno a un geologo del futuro (a qualsiasi specie appartenga e da qualsiasi pianeta provenga), di assegnare i livelli rocciosi che si stanno formando oggi all’età dell’uomo» (da Fossili dell’Antropocene, l’era dell’uomo. Francesca Lozar e Massimo Bernardi).
«Come lo scheletro dell’ultimo dinosauro marca (anche se non definisce) la fine del periodo Cretacico, così, un giorno, il nostro cellulare incastonato nell’asfalto, tecnofossile dell’Antropocene, potrà marcare l’età dell’uomo, lontana nel tempo ma per sempre riconoscibile» (da Fossili dell’Antropocene, l’era dell’uomo. Francesca Lozar e Massimo Bernardi).