Conviviamo con eventi climatici estremi. Ondate di calore, siccità, piogge impetuose sono solo alcuni esempi di eventi che un tempo si potevano considerare eccezionali, mentre oggi sono sempre più comuni. Le manifestazioni della crisi climatica hanno conseguenze, che si manifestano in forme tanto diverse quanto pericolose. Tra queste ci sono le colate detritiche, una minaccia che interessa le aree montane del nostro pianeta.
Le colate detritiche sono processi intermedi tra una frana e la piena di un torrente. Si tratta di ondate di notevoli quantità di materiale detritico misto ad acqua, che si propagano in ambiente montano. Le colate scendono verso la valle a grande velocità, percorrono distanze anche chilometriche, trasportano detriti di dimensioni molto variabili e travolgono tutto ciò che incontrano. È un fenomeno pericoloso e difficile da prevedere. Gli studi sulle colate detritiche sono cominciati in tempi relativamente recenti, a partire dalla seconda metà del XX secolo.
Vista sulle aree sorgente di sedimento nella parte alta dal bacino del Rio Gadria, Val Venosta (BZ).
Colate detritiche in Italia
A rendere il fenomeno noto anche in Italia, furono il disastro di Stava del 1985, in Trentino, e l’alluvione di Sarno e Quindici, in Campania, avvenuta tra il 5 e il 6 maggio 1998. In Val di Stava, la causa fu il cedimento dell’argine di un bacino di decantazione della miniera di Prestavel. A provocare il disastro furono anche comportamenti e scelte che hanno anteposto la redditività economica degli impianti minerari alla sicurezza delle popolazioni. Morirono 268 persone. In Campania, una pioggia eccezionale diede il via a diverse colate di detriti che si abbatterono sui centri abitati e sulla popolazione. Il bilancio della tragedia fu di 161 vittime.
«Gli eventi che interessarono Stava e i comuni campani erano fuori dal comune. Tuttavia, nell’arco alpino, le colate detritiche avvengono regolarmente ogni anno. Vittime e danni ingenti ci sono sempre. È un fenomeno ricorrente», spiega Velio Coviello, ricercatore dell’Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica del CNR. «I cambiamenti climatici in atto stanno modificando alcuni equilibri, come le precipitazioni e la distribuzione delle temperature sull’arco alpino. Alcune zone che fino a ieri potevano essere considerate sicure – o dove era improbabile che si verificassero questi processi – sono oggi più esposte».
Colate detritiche e prevenzione
La componente fondamentale delle colate detritiche è l’acqua. Una improvvisa “disponibilità” d’acqua, proveniente da temporali molto intensi o da altre fonti, può innescare la colata. Anche il collasso e la rapida fusione di un ghiacciaio possono, a cascata, generare una colata di detriti.
Resti di una colata detritica nella vasca di deposito del Rio Gadria, Val Venosta (BZ).
Vari enti di ricerca si impegnano nello studio dei meccanismi di questi flussi impetuosi di materiale detritico. Nell’arco alpino, ricercatori italiani, austriaci, svizzeri e francesi svolgono ricerche applicate sugli aspetti legati al monitoraggio di frane e alluvioni, con una particolare prospettiva su questo genere di eventi distruttivi. Uno degli esempi è il progetto Earflow, condotto dai ricercatori e dalle ricercatrici del River Basin Group della Libera Università di Bolzano e del CNR in collaborazione con L’Università Autonoma del Messico.
Il progetto riguardava un monitoraggio strumentale delle colate detritiche nelle aree di alta montagna della provincia di Bolzano, in val Venosta e in val Pusteria. Il gruppo di ricerca ha “ascoltato la voce” delle montagne e dei torrenti tramite alcuni sensori sismici collocati a monte, che consentono di percepire l’incedere dei detriti attraverso l’analisi delle vibrazioni che producono. È così che è possibile stimare la quantità di sedimenti che scendono a valle e segnalare il pericolo imminente.
Il video, illustrato e animato da Jacopo Sacquegno, illustra il lavoro del personale di ricerca coinvolto nel progetto Earflow. Grazie alle animazioni, è possibile comprendere i meccanismi alla base di una colata detritica e osservare come potrebbe svilupparsi un pronto sistema di allerta.
Ascoltare le montagne (e le comunità)
Lo scopo di progetti come Earflow è quello di capire in tempo se una colata detritica sta per formarsi, e dare una pronta allerta a valle. È grazie a un sistema di prevenzione strutturato e omogeneo che si potranno evitare le tragedie che colpiscono soprattutto le valli strette e particolarmente antropizzate.
Personale di ricerca del CNR e di Unibz esegue un rilievo fotogrammetrico in un canale del bacino del Rio Gadria, Val Venosta (BZ).
«C’è un aspetto che il mondo della ricerca sta iniziando a considerare con più attenzione nella gestione del rischio e nell’utilizzo di sistemi di allerta. È quello legato alla sfera sociale dei luoghi interessati», sottolinea Velio Coviello. «Le comunità locali vanno coinvolte e formate. Dobbiamo essere educati al rischio e la comunicazione è fondamentale per tutto ciò che riguarda la prevenzione. Non può esserci prevenzione senza la conoscenza del rischio a cui siamo esposti».
GUARDA IL VIDEO: Per studiare come cambiano i ghiacciai, un progetto ascolta la loro “voce”