Quando ero piccolo i francobolli che preferivo erano quelli colorati, con gli animali, le bandiere, al massimo i quadri. Penso sia un classico di tutte le persone che si sono avvicinate alla filatelia in tenera età. Il piccolo me aveva inconsciamente posto una selezione alla propria collezione, in cui i francobolli palesemente vecchi, a tinta unita e spesso rappresentanti sconosciuti uomini, non erano di mio interesse. Fortunatamente li avevo solo messi semplicemente da parte, come se fossi cosciente che un giorno li avrei apprezzati forse anche più di quelli dai mille colori, grazie allo studio della storia a scuola. Ho infatti imparato a capire chi fosse quel signore con i baffi molto corti sui francobolli con le scritte tedesche, o perché così tanti francobolli italiani richiamassero l’Impero Romano. Un benvenuto nel lato “oscuro” dei francobolli, ovvero quando essi vengono utilizzati per raccontare alla popolazione della nazione che li usa, e il resto del mondo che li colleziona, chi è al comando, e quali sono i valori a cui anche tu sei costretto a credere. Insomma, una specie di mondo orwelliano, ma senza l’occhio vigile delle telecamere, bensì un inutile quadratino di carta che devi mettere su qualsiasi comunicazione tu voglia spedire più lontano di qualche isolato; e da lì non si scappa.
Approfondiamo quindi i due regimi che più hanno coinvolto l’Italia nella prima parte del XX secolo, ovvero il fascismo e il nazismo. Nonostante alcune similitudini, essi risultano movimenti politici, ideologici e sociali diversi, e la narrazione che ne viene fatta sui francobolli rispecchia tali differenze. Due mondi che andranno inevitabilmente e tragicamente a convergere in un’alleanza formale, sancita anche dal punto di vista filatelico, come vedremo. Partiamo dal Terzo Reich, dove Adolf Hitler impiega poco tempo per far capire ai tedeschi che ora (dal 1933) è lui che comanda. Sfruttando però inizialmente l’immagine di colui che era stato prima suo avversario politico e poi colui che gli ha spianato la strada, ovvero il maresciallo Hindenburg, presente della Repubblica di Weimar. Sfogliando il catalogo dei francobolli tedeschi, potreste notare che nel 1923 una serie di francobolli raffigura proprio l’effige di Hindenburg; ma che nel 1933 troviamo una serie pressoché identica in termini di immagini, colori e valori facciali. Un errore di stampa? Doppioni? Assolutamente no, una mossa voluta, in quanto la differenza tra le due serie non è davanti al francobollo, bensì dietro: la filigrana del 1923 vede un motivo a rombi, quella dell’anno successivo le croci uncinate, ovvero le svastiche. Potrebbe sembrare un cambio difficilmente osservabile, ma è la classica prima pedina dell’effetto domino. Nella prima serie del 1944 appare chiaramente la svastica, che sovrasta la Terra, accompagnata da un’aquila in volo: l’animale, simbolo della Germania e del nazismo, è pronto a conquistare il mondo. Poco dopo anche nei francobolli l’egocentrismo di Hitler si dimostra in tutto il suo spessore, diventando direttamente lui il volto politico, sociale e anche filatelico del Terzo Reich. Il profilo del Führer diventa quindi protagonista della serie ordinaria tedesca, ovvero dei francobolli stampati in tantissime copie, con vari valori facciali, al fine siano utilizzati per molti scopi comuni, e, quindi da più persone possibili.
Questi francobolli erano e sono ancora oggi talmente diffusi da valere pochi centesimi, pur avendo quasi 80 anni, in quanto prodotti in massa, proprio a fini propagandistici. Ed è anche una serie con colori abbastanza carini devo dire, se non che negli anni ’40 avreste potuto benissimo ricevere una busta con su la faccia di Hitler. Ecco, siate quindi più gentili con il vostro postino d’ora in avanti. Il culto della personalità si spinge tanto avanti da emettere un francobollo ogni aprile per celebrarne il compleanno (compresa un’emissione del 1940 in cui si vede lui accarezza il volto di una bambina, abbastanza cringe). I francobolli di posta ordinaria con il profilo di Hitler erano usati anche per i territori conquistati durante la Seconda Guerra Mondiale: ne potete trovare con la sovrastampa Ukraine e Ostland (Paesi Baltici). Insomma, ancora una volta i francobolli si dimostrano per quello che sono, ovvero un vero e proprio libro di storia dentellato.
Francobollo raffigurante Giulio Cesare – Serie Imperiale (1929).
Francobollo raffigurante Giulio Cesare – Serie Imperiale senza fasci (1944).
Tornando invece al di qua delle Alpi, la narrazione del regime fascista è ben diversa, e molto meno incentrata sul dittatore e più sul messaggio di rinascita dell’Italia sotto il nuovo comando del Duce. Mussolini appare infatti molto raramente sui francobolli del ventennio, lasciando piuttosto spazio alla simbologia tipica del fascismo, dai fasci littori ai riferimenti all’Impero Romano. Come abbastanza evidente nella serie ordinaria del 1929, chiamata Imperiale, che raffigura, oltre al Re Vittorio Emanuele III e all’Italia turrita (la personificazione dell’Italia) anche Giulio Cesare, Augusto e la statua della Lupa capitolina che allatta i gemelli. Il tutto adornato di fasci littori, a lasciare come messaggio: “benvenuto nel remake ufficiale della grande Roma, ora andiamo a prenderci qualche colonia”. Questa serie è cruciale prima, durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale, in quanto viene usata per la propaganda di guerra, mediante l’aggiunta nel 1942 di una figura laterale, con slogan a supporto dello sforzo bellico.
Francobollo della serie dedicata alla propaganda di guerra del 1942.
Successivamente, nel 1944 questa serie verrà usata dall’Italia passata dalla parte degli Alleati, con l’eliminazione dei fascetti. La ripresa degli ideali romani è anche evidente nella serie del 1932 di ben 20 pezzi, dedicata al decennale della marcia su Roma, di fatto l’inizio del fascismo in Italia. Oltre a una rara raffigurazione filatelica di Mussolini a cavallo con la frase “se avanzo seguitemi”, il francobollo che riguarda la colonizzazione è un chiaro segno della narrazione del regime: “ritornando dove già fummo” e una bella colonna con scritto SPQR. Poi che i Romani non fossero mai stati in Etiopia / Eritrea / Somalia è un dettaglio insignificante.
Serie Decennale (1932): valore dedicato alla colonizzazione africana.
Dove vanno a convergere i due regimi protagonisti dell’Asse Roma-Berlino? Proprio nella celebrazione di questo patto, in cui la Germania si limita a emettere un solo francobollo con i volti dei due dittatori, mentre l’Italia se la vuole tirare di più e ne fa emettere ben sei tanto per rimarcare il concetto. In ambo i casi la scritta “due popoli – una guerra” campeggia, per far capire alla popolazione chi sono gli amici con cui uscire al bar alla sera o fare una guerra mondiale.
Cosa ci insegnano questa volta i francobolli quindi? Innanzitutto, il loro potere comunicativo, in quanto vero e proprio mezzo di propaganda per propinare simboli, messaggi, ideali e alleanze ai propri soggetti. Ma soprattutto che i francobolli sono veri e propri libri di storia e che quello che è stato, per quanto brutto possa essere, rimane indelebilmente su carta, e paradossalmente proprio per mano di chi ha scritto queste pagine orribili della storia europea. Ricordare, raccogliere e collezionare, per non dimenticare, e ancor più importante, per non ripetere nuovamente gli stessi errori.