8 dischi ispirati alla natura e alla scienza

I nostri consigli di ascolto di musica e scienza, dalle composizioni aliene dei Pink Floyd al disco che ha cambiato il destino delle balene.

6 minuti | 26 Agosto 2022

L’esempio più famoso è la copertina di Unknown Pleasure: mostra le onde radio della pulsar CP 1919, la prima pulsar radio mai scoperta.

L’immagine era stata pubblicata per la prima volta nel 1971 sulle pagine di Scientific American e poi riprodotta nel 1977 dalla Cambridge Encyclopedia Of Astronomy. Due anni più tardi, il designer inglese Peter Saville la trasformerà in icona, rendendo quelle onde una delle immagini più riconoscibili della storia della musica. 

L’album dei Joy Division è solo il più noto intreccio tra musica e scienza. La musica contemporanea ha spesso guardato alla natura in cerca di ispirazione. Ha creato nuovi generi che arrivano fino ai giorni nostri attingendo ai suoni dello spazio e ha spinto in là le proprie frontiere sonore cercando di raccontare il mondo delle piante e dei microrganismi. 

D’altronde, la musica è l’unica forma d’arte che condividiamo con gli animali. 

 

Copiando dalla natura

Nel 1970 viene pubblicato un disco destinato a cambiare la percezione che abbiamo delle balene. Si tratta di Songs of the Humpback Whale, registrato dal biologo statunitense Roger Payne.

È un album strano, senza musicisti: le cinque tracce altro non sono che i vocalizzi e i canti delle megattere. Per la prima volta vengono registrati e fatti ascoltare al grande pubblico, mostrando quanto complesso, sofisticato e persino artistico sia il linguaggio di questi abitanti dei mari. È una hit e raggiunge presto le 125 mila copie vendute, diventando disco di platino. Ma il suo successo è un altro: accende il dibattito sulla legittimità della caccia alle balene, che iniziano a essere viste come esseri senzienti e sensibili, capaci persino di comporre complesse e melodiche canzoni. 

Il linguaggio musicale degli uccelli è invece noto da sempre. Ma c’è chi lo ha trasformato in un disco jazz. Dave Holland è il bassista inglese che ha suonato con Miles Davis in Bitches Brew. Nel 1972 registra Conference of the Birds, un disco tanto folle quanto geniale. La traccia che dà il titolo all’album è un capolavoro di improvvisazione musicale: un’opera che al primo ascolto può sembrare quasi dissonante a caotica ma che riproduce in chiave jazz le complesse geometrie del cinguettio degli uccelli in una mattina d’estate.

Musica dallo spazio 

Prima ancora che l’uomo mettesse piede sulla Luna, la musica era già partita alla conquista dello spazio. Il viaggio cosmico della musica comincia da Birmingham, in Alabama, città d’origine di una delle figure più misteriose del mondo della musica: Sun Ra. Dice di arrivare direttamente dallo Saturno e di discendere da una razza di angeli. È venuto da un’altra epoca per portare sulla Terra il suo jazz spaziale. Magic City (1966) è l’opera che dà ufficialmente il via alla filone della space music: 50 minuti di free jazz che creeranno un nuovo genere e influenzeranno decine di artisti. 

Tra questi c’è anche Syd Barrett, fondatore dei Pink Floyd. Per iniziare, Barrett sostiene che il nome del gruppo gli sia stato suggerito dagli alieni. Con il loro album d’esordio, The Piper at the Gates of Dawn (1967), la musica delle stelle fa breccia nel rock e getta le basi per quel sottogenere a cui attingerà a piene mani anche David Bowie con Ziggy Stardust e i suoi ragni da Marte.

La traccia d’apertura, Astronomy Domine, è una passeggiata nello spazio tra i pianeti e i satelliti di Urano.

Gli echi cosmici tornano anche nella prima traccia del lato B. Interstellar Overdrive è un lungo brano free form che dura quasi 10 minuti. Un inquietante viaggio psichedelico tra le stelle ispirato dalla corsa allo spazio che proprio in quegli anni stava raggiungendo il suo apice. 

Il rumore dei pianeti 

Lo spazio non è il luogo silenzioso che abbiamo sempre creduto: oggi sappiamo che le interazioni elettromagnetiche tra i pianeti possono essere convertite in suoni e le più recenti missioni spaziali ci hanno permesso di ascoltare il rumore dell’universo, che alle nostre orecchie suona simile a un fruscio. 

Ma nel 1983, quando il regista statunitense Al Reinert decide di girare il documentario For All Mankind, ispirato alle missioni del Programma Apollo, per tratteggiare i rumori dello spazio si affida al genio di Brian Eno. Apollo è un disco che racconta uno spazio leggendario che, come lo ha definito lo stesso compositore inglese: «non può essere». 

Sono i suoni della volta celeste come li abbiamo sempre immaginati: maestosi e scintillanti ma anche languidi e impalpabili e a tratti oscuri e inquietanti.

LEGGI ANCHE: Qual è il suono dell’estinzione di una specie?

Sperimentazione e avanguardia

C’è poi chi si è spinto ancora più lontano, come Egisto Macchi che ha provato a dare un suono alla vita. Nel 1978 dà alle stampe Biologia animale e vegetale, disco inizialmente pensato per essere utilizzato per film e programmi radiotelevisivi. La scena musicale europea è incendiata dal punk e il compositore italiano pubblica un doppio album che traduce in note la nascita dei fiori e le funzioni fisiologiche del corpo umano e che diventerà una delle vette più alte della sua produzione artistica.

Una delle tracce più interessanti è Cuore; inizia in maniera semplice, con le percussioni che ne imitano i battiti. Le pulsazioni si intrecciano poi con suoni gravi e ritmati, in un crescendo che diventa quasi opprimente. Ascoltandola si ha la sensazione che il battito del nostro cuore acceleri e rallenti, per allinearsi allo spartito. 

Del resto, che la musica abbia effetti sugli esseri viventi è provato. Secondo alcuni, potrebbe persino influenzare la crescita delle piante. O perlomeno questa è stata l’utopia di Mort Garson che proprio alle piante ha dedicato il suo disco più visionario. Mother Earth’s Plantasia (1976) è il concept album di musica elettronica pensato per essere ascoltato dalle piante. È composto da 15 brani, molti dei quali alle nostre orecchie umane possono suonare quasi sgradevoli. Ma, a detta di Garson, queste sono le frequenze preferite dal pubblico del regno vegetale. Ogni canzone è studiata per una specie differente e ne favorirebbe la crescita e il benessere. 

Provare per credere. E se per caso ne avete una copia, conservatela ben stretta: oggi è diventato un vero e proprio oggetto di culto tra i collezionisti.

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  • Marta Frigerio

    Marta Frigerio è giornalista indipendente. È anche formatrice e collabora con redazioni internazionali per lo studio e la realizzazione di progetti giornalistici.
    Dal 2022 è direttrice di RADAR Magazine.
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